Storie di Imprese

Il falegname in maglia rosa

Se digitate su wikipedia Silvano Contini si apre uno spaccato di storia del ciclismo. Oggi l'ex campione gestisce l'omonima falegnameria di Sangiano, una delle più longeve della provincia, iscritta a Confartigianato dal 1945

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Quella di Silvano Contini, maestro artigiano è una storia più unica che rara. Con un passato da ciclista professionista e un presente di dedizione al lavoro, il falegname di Sangiano porta avanti il laboratorio aperto dal nonno Andrea Prandi nel 1945 e oggi uno dei più longevi della provincia di Varese. Siamo andati a conoscerlo.

Silvano, com’è nata la falegnameria Prandi e Contini?
«È nata per opera di mio nonno Andrea, sempre in via Cadorna a Sangiano, ma a qualche metro da qui, dove resiste ancora la vecchia saracinesca del primo laboratorio. All’inizio era solo, poi sono entrati anche i miei zii, Arturo e Antonio, dopo aver lavorato per qualche tempo alla Siae Marchetti, dove facevano le eliche in legno per gli aeroplani».

Chi erano i clienti della falegnameria?
«Negli anni del dopoguerra il lavoro non mancava. La falegnameria serviva soprattutto il comparto dell’edilizia e ogni anno si allargava un po’. Poi negli anni ’60 ha iniziato a lavorare per la Inda e per il settore della standistica per cui realizzava gli stand che avrebbero abbellito le vetrine dei negozi di tutt’Italia. Per la Inda zio Antonio realizzava addirittura i modelli in legno degli arredi da bagno».

Oggi siete specializzati in serramenti, quando avete intrapreso questo percorso?
«Verso la fine degli anni ’70 i miei zii intraprendono questa strada e rivoluzionano l’attività, cambiando due terzi dei macchinari e specializzandosi in questa branca della falegnameria. Il lavoro non mancava e così agli inizi degli anni ’80, dopo aver lavorato qualche tempo in banca, entra in azienda anche mio fratello Paolo».

Suo fratello bancario e lei corridore. Ci racconta della sua carriera da ciclista professionista?
«Be’ dopo aver finito gli studi in ragioneria nel 1978 ho firmato un contratto con la Bianchi del grande Felice Gimondi e con la squadra ho iniziato a girare per l’Europa: Belgio, Olanda, Francia, Spagna, ma anche Cile e Venezuela. Un periodo molto bello».

E ricco di successi, ha vinto una Liegi – Bastogne – Liegi nel 1982 e inanellato ben 48 successi tra corse su strada, tappe al Giro d’Italia e corse classiche. Mi dica, è più difficile fare l’imprenditore o lo sportivo?
«(Sorride) Lo sport è un po’ come la vita, senza volontà, senza sacrificio non ottieni niente. Quando ho iniziato a lavorare in falegnameria mi faceva sorridere sentire la gente che si lamentava per la fatica. Pensavo “almeno qui se sei stanco ti puoi fermare, quando sei in gara no».

Chi le ha insegnato il mestiere di falegname?
«Il mio maestro è stato mio zio Antonio, un vero maestro. Oltre al mestiere mi ha insegnato la passione per il lavoro. Una componente essenziale per rendere più facile ciò che fai e per cogliere le sfide che ti vengono richieste dal mercato, come l’utilizzo di nuovi materiali e di nuove tecniche di lavorazione. E poi riuscire a realizzare prodotti unici, che sai fare solo tu,  regala grandi soddisfazioni».

Avete risentito della crisi che ha colpito il settore dell’edilizia?
«Purtroppo sì. Nel 2008 la crisi ha iniziato a farsi sentire anche qui e contemporaneamente è cambiato anche l’assetto societario. In quell’anno mio fratello ha deciso di lasciare la falegnameria e di aprire un’attività commerciale».

Come ha reagito a queste trasformazioni?
«Diciamo che alcune accortezze ci hanno permesso di attutire il colpo. Nel 2007 siamo stati tra i primi a certificare i nostri serramenti con il marchio CE, così da garantire al cliente tutte le agevolazioni fiscali previste dalle normative. Inoltre mi sono specializzato in lavorazioni particolari: come serramenti curvi, bilici ad arco, serramenti ad arco, serramenti a tutto tondo e così via».

Oggi vende un prodotto molto particolare, il legno alluminio. Cos’è?
«È un serramento in legno rivestito esternamente da alluminio. Questo particolare tipo di serramento garantisce le proprietà termiche del legno, mantenendo il calore a lungo, e allo stesso tempo quelle dell’alluminio, un materiale che non ha bisogno di particolare manutenzione».

Una cosa mi incuriosisce. Lei lavora con essenze europee e preferibilmente italiane, perché?
«Perché credo siano più adatte ai nostri climi. Con l’avvento delle grosse macchine industriali molti si sono convertiti ai legni africani perché non hanno nodi e sono quindi più semplici da lavorare, mentre i nostri legni sono da guardare, da scegliere. Una qualità diventata rara che io ho appreso dopo anni di apprendistato con mio zio».

I suoi figli hanno intrapreso altre strade, a chi trasmetterà il suo “saper fare”?
«È una bella domanda. Trovare un ragazzo che abbia voglia di imparare, guadagnando poco, almeno all’inizio, è diventato molto difficile. In più la burocrazia ostacola non poco la vita di piccole imprese come la mia. Diciamo che per fare questo lavoro ci vuole tanta dedizione, ma ripeto è un mestiere in grado di regalarti grandi soddisfazioni. In un certo senso è una filosofia di vita».

 

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Pubblicato il 04 Settembre 2015
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