L’università dei porcini che nascerà nel “rifugio” di guerra

L’Alpe dei Giani venne utilizzata da un ingegnere milanese per sottrarre strumenti tecnologici ai bombardamenti. Ora c’è un progetto che farà rinascere questo luogo aprendolo alla ricerca scientifica

Alpe dei Giani Dumenza

Un luogo può vivere diverse volte, almeno quante sono le idee e i sogni degli uomini che lo apprezzano.

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L’Alpe dei Giani e l’università dei funghi 4 di 24

E l’Alpe dei Giani, nel Luinese, è uno di questi: da riparo per sofisticati strumenti tecnologici durante i bombardamenti su Milano nell’Ultima guerra, diverrà approdo per scienziati e studiosi di funghi che qui potranno trovare una base per le ricerche su ovuli e porcini.

Stesso posto, diversi impieghi: uno ispirato alla segretezza, quasi alla clandestinità durante un periodo di occupazione nazista e nel corso della guerra partigiana; l’altro “aperto” per definizione al mondo universitario e alle scienze.

Qui, nel cuore della val Dumentina a pochi chilometri dal confine della Svizzera, la Fondazione Aurelio Beltrami di Milano si è prefissata un obiettivo virtuoso: ristrutturare alcune baite di sua proprietà per dare vita ad un centro micologico internazionale, ad un’azienda multifunzionale di supporto e ad un laboratorio per le energie rinnovabili.

LA SECONDA VITA DELL’ALPE DEI GIANI – Da dove nasce questo progetto, che potrebbe dare slancio ad una zona molto conosciuta e amata da cercatori di funghi ed escursionisti?

Tutto ebbe inizio quando Aurelio Beltrami, pioniere milanese della radiotecnica decise, nel 1944, in una Milano sotto le bombe alleate, di sottrarre le preziose apparecchiature scientifiche al fuoco della guerra – racconta l’ingegner Carlo Brasca, procuratore della fondazione – . Beltrami acquistò queste baite lontane dalla strada, nel mezzo della foresta e a due passi dalla Svizzera: era convinto che qui le bombe non sarebbero arrivate. Poi vi fece arrivare le sofisticate strumentazioni di cui era in possesso, sfruttando le baite come riparo. Si trattava di tecnologie che finito il conflitto tornarono a Milano e diedero la possibilità a moltissimi studenti di frequentare l’Istituto Radiotecnico Aurelio Beltrami che sfornò intere generazioni di tecnici di alto livello”.

Beltrami morì nel 1967 e nel suo testamento lasciò la gestione dell’Istituto Radiotecnico al Comune di Milano, e destinò i suoi beni personali alla Fondazione che porta il suo nome e che ha, tra gli obiettivi, la conservazione del patrimonio e la promozione della ricerca scientifica.

IL PROGETTO – La fondazione Beltrami ha recentemente deciso di destinare questo fondo, dell’estensione di circa 24 ettari e a 900 metri d’altezza, ad un piano per dare vita ad un laboratorio micologico internazionale in collaborazione con l’Università di Genova.

Qui si studieranno le relazioni tra funghi, alberi, bosco, terreno e attività umane: sarà la prima esperienza di questo genere a livello europeo e verrà gestita dal gruppo di ricercatori del “Polo botanico Hanbury”, il gruppo che raccoglie le massime competenze in Italia del settore micologico.

La Fondazione ha stabilito una convenzione quadro per lo sviluppo del progetto assieme all’università genovese.

«Inoltre l’idea è di destinare alcuni altri fabbricati rurali oggi ancora a rustico per realizzare la base per un’azienda agricola che costituisca una base di appoggio logistica a livello di foresteria per il centro micologico – spiega Brasca della Fondazione – . Si prevede la presenza di due coppie di giovani imprenditori della zona che hanno già preso visione del progetto».

«Ora rimane da trovare il finanziamento per realizzare le opere di ristrutturazione – conclude l’ingegnere. Il complesso del laboratorio micologico e dell’Azienda multifunzionale di supporto sarà autosufficiente dal punto di vista energetico grazie ad un laboratorio per le energie rinnovabili che sorgerà in un terzo fabbricato di pertinenza del nostro fondo. Stiamo operando per inserire l’iniziativa nell’ambito del piano di sviluppo rurale della Regione Lombardia e nei bandi del Gruppo Azione Locale della comunità montana Valli del Verbano».

IN MEZZO AL BOSCO – Ci sono 32 curve che separano il fondovalle dalla strada che porta allo sterrato da cui si arriva all’Alpe dei Giani. Qui incontriamo Valerio Montonati, agronomo di 55 anni col quale percorriamo i circa 400 metri, fino alle baite. Valerio lavora in queste montagne da decenni e terrà il primo incontro nella baita ristrutturata l’anno scorso con una spesa di 250 mila euro coperta in buona parte da un contributo di 200 mila euro ottenuto dai fondi per lo sviluppo rurale europei veicolati attraverso bandi dalle istituzioni locali, come comunità montana e gruppo di azione locale (Gal).

La ristrutturazione ha riportato a nuovo questo alpeggio, composto da una sala conferenze, un ingresso e una veranda, bagni ed elettricità.

Fuori c’è un gregge di pecore che pascola fra le felci e i cespugli di ginestra, silenzio, e il lontano scintillio delle acque del Lago Maggiore, di cui da questa posizione si gode un ottimo panorama nella sua parte alta.

«Sabato prossimo, il 26 settembre, ci sarà una prima giornata di incontro destinata a tutti: a partire dalle 9 terrò una breve lezione sui funghi commestibili e successivamente un’escursione sul campo. Sarà un piccolo assaggio di ciò che questo centro potrà diventare in futuro», spiega Montonati, anche cercatore di funghi per passione e fra gli animatori di questo progetto.

L’immobile è sulla strada che porta al rifugio Dumenza, all’alpe Bois, distante una ventina di minuti a piedi. Questa zona è molto frequentata da cercatori di funghi ma anche da camminatori ed escursionisti in bici.

QUALE FUTURO – Proprio il futuro legato a questo progetto fa ben sperare il sindaco di Dumenza Valerio Peruggia, che è a conoscenza di quanto sta avvenendo all’Alpe dei Giani e si auspica una stagione nuova per il paese.

«C’è un ipotetico percorso, che può essere affrontato sui sentieri già esistenti e di recente sistemati, che vale al pena di essere valorizzato. Si tratta di un paesaggio splendido, ancora non molto conosciuto, che apre la strada a diversi spunti di crescita per l’intero territorio».

Rimane, come in tutte le storie che si rispettano, un pizzico di fascino lasciato dalla oramai lontana genesi di queste vicende: resta infatti da scoprire come abbia fatto Aurelio Beltrami, educatore e uomo di scienza, a trovare questo rifugio perduto fra i monti e ora pronto a rinascere per la sua nuova vita.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 23 Settembre 2015
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