Via Francigena: Da Mortara a Garlasco

Il racconto del direttore Marco Giovannelli della terza tappa della via Francigena Lombarda

Via Francigena Lombarda da Mortara a Garlasco

Quando suona la sveglia fuori è ancora buio. Franca, la hospitalera, era stata categorica. “La colazione è pronta alle sette e alle sette e mezzo vi mando via”. Lei vive in uno spazio dell’abbazia di Sant’Albino e si occupa di accogliere le persone. Per nulla burbera, è attenta, disponibile e molto curiosa. Le piace parlare con i pellegrini anche se spesso le mancano le parole perché non conosce le lingue.
“Guardate il quaderno per capire come si trovano le persone. Quest’anno sono già passate oltre quattrocento pellegrini e arrivano da tutto il mondo”.

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La Via Francigena da Mortara a Garlasco 4 di 41

Franca cucina in modo divino. Ieri sera ci ha preparato una cena deliziosa con fusilli al ragù fatto in casa, carne impanata, insalata, fagioli e pomodori. Susan e Monique si sono leccate i baffi e tutti i piatti erano puliti quasi non avessimo mangiato lì dentro.

Abbiamo dormito tutti e tre nello stesso ampio salone che può accogliere una ventina di persone. Susan arriva da Portland in Oregon, mentre Monique viene da Bruxelles. Entrambe hanno percorso il cammino di Santiago e proprio lì hanno scoperto la Via Francigena. Ognuna va per proprio conto, ma ora avranno alcune tappe comuni e in ogni caso vanno tutte e due fino a Roma.

A cena abbiamo conversato a lungo su alcune caratteristiche dei nostri rispettivi paesi. È curioso come alcuni temi siano comuni a tutti anche se loro sono rimaste colpite dal fatto che gli italiani hanno poca attenzione alla cultura e a diverse manifestazioni o progetti e un esempio è proprio la Via Francigena. Quando usciamo da Sant’Albino il cielo è azzurro terso e promette un’altra giornata di sole.

Restiamo solo per un centinaio di metri sulla strada ordinaria, poi il sentiero entra nella campagna. Le risaie si alternano ai campi di mais. Come ieri mattina sentiamo gli spari delle doppiette e infatti poco dopo inizio a vedere i cacciatori e i loro bei cani. Il loro abbaiare si mescola allo starnazzare delle oche. Ci sono due diversi allevamenti. Sono tra quelli di cui ieri parlava il sindaco. Mortara fin dai tempi di Ludovico il Moro alleva questi animali e ora l’attività ha ripreso a espandersi. Restiamo lì a guardare cosa fanno ed è curioso vedere chi fa la leader e chi invece segue e basta.

Stamattina sono uscito presto e scopro che le scarpe da trail che sto utilizzando su questi sentieri pieni di erba non vanno tanto bene. C’è molta rugiada e così mi bagno tutti i piedi, ma pazienza anche perché il tracciato è davvero bello e corre lungo le risaie.
Resto affascinato dal sistema di irrigazione e sono lì a fare delle foto quando su un ponte di un canale davanti alla cascina Alberona incontro Mario. “Vengo qui tutte le mattine con il mio cane. Muso adora l’acqua e gli piace buttarsi dentro”.
Mi racconta alcune storie di quei posti. ” Questo è il Canale Elena, una diramazione del Cavour che prende l’acqua dalla Dora Baltea e poi si butta nel torrente Agogna. Una volta li scavavano a mano con piccone e badile. Cavour aveva voluto costruire questi sistemi per portare l’acqua nelle campagne”.

Susan e Monique hanno proseguito e le ho perse di vista. Loro comunque sono altre “vittime” della guida di Terre di mezzo e così prevedono altre tappe e purtroppo a volte anche altri percorsi. Nelle tappe come oggi, se percorri la strada statale puoi tagliare qualche chilometro, ma corri dei bei rischi, non sei in sicurezza, ma soprattutto non vedi gli scenari che offre la natura.

La tappa di oggi è ancora una volta ben segnalata e fuori dalle strade. Si percorre sull’asfalto solo quando è necessario attraversare i paesi.
La prima vera sosta la faccio a Remondò che è una frazione di 900 anime nel comune di Gambolò. Quando entro nella chiesa Lucia e Pierangela stanno pulendo la cappella di Santa Margherita. Mi accolgono calorosamente e mi raccontano le storie dei dipinti. Sono orgogliose perché sono poche le chiese dedicate a quella santa e poi gli affreschi sono stati realizzati da un loro compaesano.

“Ci hanno pure rubato una tela. Io gli taglierei una mano” mi dice Lucia. Le faccio notare che Gesù forse non apprezzerebbe, ma lei non sembra della scuola del porgi l’altra guancia.

Mentre sono con loro mi arriva un messaggio che mi rattrista e spinge a spostare parte delle mie riflessioni. È morta la sorella di un caro amico. È la morte ti pone di fronte a grandi domande. Seppur a volte, in presenza di malattie dolorosissime arriva quasi ad esser una liberazione. Resto lì, fermo per un po’ e sento quanta intimità, vicinanza e amore posso legarci a un amico. Non so più bene come si prega, ma oggi mi sono inginocchiato davanti al crocefisso e a Santa Margherita e sono rimasto ad ascoltare quel che aveva da dirmi quel dolore, quella mancanza.

Da lì a Tromello la strada non era molta e di nuovo tutta tra campi e boschetti. Un paio di bivi non sono segnalati benissimo, ma con la app di Sloway non si sbaglia strada.

Questo cammino mi fa riflettere su due cose che in questi tre giorni mi sono apparse con chiarezza. Le persone ti accolgono, salutano, sono curiose di sapere cosa stai facendo. Non ho mai percepito ostilità o diffidenza e questo mi sorprende molto. L’altra cosa invece è una conferma. Sentieri e strade sono molto pulite e tenute in ordine. Si incontra pochissima spazzatura buttata dove capita.

Arrivo fino a Garlasco per mangiare il panino che avevo acquistato a Tromello. Mi siedo su una panchina all’ombra nel piccolo parco giochi all’ingresso del paese. Mi scatta in automatico un altro pensiero. Questo posto non verrà ricordato per aver avuto un grande della musica come Ron, ma per un triste e drammatico fatto di cronaca. Ed è naturale che pensi a come esercitiamo una professione, cosa possa diventare il circo mediatico. Forse non c’è modo di farlo andare in altro modo, ma certamente in alcuni casi, e Garlasco è uno di questi, sarebbe bene fare maggiore attenzione a come si raccontano le cose.

Ci pensano bene Francesco, Domenico e Bruno a riportarmi con i piedi per terra e a mettermi di nuovo di buon umore. Mentre io mi stavo riposando, oggi verso la fine ho iniziato a sentir molto la stanchezza, loro sono arrivati, hanno preso le sedie vecchie e un po’sfasciate che lasciano vicino a un albero, e si sono messi a parlar tra loro. Il tema della conversazione verteva sul funerale che sarebbe stato celebrato nel tardo pomeriggio. Ognuno portava i propri ricordi, ma a un certo punto, quando mi sono alzato, mi hanno salutato e si aspettavano due parole. “Da dove arriva?” Mi chiede Francesco. E così la conversazione si sposta di colpo sul cammino e sui pellegrini.

Una favola starli a guardare ed osservare. Come in quelle foto che ritraggono le donne che lavorano la pasta o la maglia fuori dalle case dei paesi meridionali, o quelle scene di vita di alcuni anziani nei bar. Loro hanno scelto un piccolo parco e per star più comodi e vicini si portano le sedie.

Ormai la strada è poca. Ho scelto di andare nella comunità della Fondazione Exodus. Ho letto diversi post sui gruppi Facebook della Francigena e poi domenica due pellegrini mi hanno invitato a fermarmi li. Detto fatto anche perché sono curioso visto pure che nella vita precedente ho fatto un lavoro simile.

La struttura di Garlasco è diretta da un Varesotto trapiantato qui. Ci lavora anche un ragazzo di Buguggiate. Ospitano due diverse realtà con adolescenti e più grandi fino a 24 anni. Vivono qui una ventina di ragazzi. Le principali attività sono legate all’agricoltura e all’allevamento di alcuni animali. Angelo, uno dei responsabili mi racconta come funziona, ma poi rimandiamo il resto a più tardi, prima della cena.
Il posto è molto bello, in mezzo alla natura e c’è uno spazio tutto dedicato ai pellegrini. Con me, finora, una coppia di francesi e poi vedremo se arrivano altri.

Altra bella tappa con un tempo fantastico e una fatica accettabile. I piedi per ora vanno benissimo e sento quanto conti aver un po’ di esperienza. Non intacca lo stupore e la meraviglia di fronte a una bellezza inaspettata, però aiuta ad affrontare con maggior consapevolezza diverse cose.
A domani

Il diario delle tappe lo potete leggere qui oppure quello dalla Cisa a Roma scaricare da Amazon.

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it

La libertà è una condizione essenziale della nostra vita. Non ci può essere libertà senza consapevolezza e per questo l’informazione è fondamentale per ogni comunità.

Pubblicato il 21 Settembre 2015
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