Calzaturificio Borri, recupero o campagna elettorale?

Approvato il progetto per il recupero dell'area con un intervento misto pubblico e privato. Le opposizioni: "Tutto troppo vago, è solo campagna elettorale». E si riaccende il giallo del concorso di idee.

calzaturificio borri

Torna ad infiammare l’arena politica l’ex calzaturificio Borri, l’area da 20.000 metri quadri di proprietà pubblica mai utilizzata a due passi dal centro cittadino. Ad accendere la miccia è stato l’arrivo in consiglio comunale del documento che individua un “piano di recupero” dell’area, progetto approvato con i voti della maggioranza che ha causato le ire delle opposizioni.

IL PIANO – Il piano prevede un «recupero funzionale con trasformazione al terziario -spiega l’assessore Giampiero Reguzzoni- che unisca pubblico e privato». In particolare sono ipotizzate strutture medie di vendita con una superficie massima complessiva di 2.500 metri quadri mentre almeno la metà della superficie dovrà prevedere aree e di spazi pubblici, privilegiando l’insediamento di funzioni pubbliche riferite a cultura, esposizioni, tempo libero e istruzione. In più la presenza di spazi pubblici sarà completata da aree verdi, piazze e parcheggi (interrati, anche a servizio del centro storico).

LE POLEMICHE – Un progetto indubbiamente ambizioso che, secondo le opposizioni, lo sarebbe anche un po’ troppo. «Io vedo un lungo elenco di ipotesi ma in termini concreti dite che non ci sono i soldi» afferma Salvatore Vita, PD, che attacca: «Non vorrei fosse solo un’operazione pre elettorale». Sulla stessa lunghezza d’onda anche il senatore Giampiero Rossi secondo il quale «l’amministrazione non si è ancora resa conto dell’importanza di quel luogo a due passi dal centro». Tutti, poi, si chiedono che fine abbia fatto l’ormai celebre concorso di idee lanciato nel 2011 e del quale non si conoscono ancora gli esiti.

IL CONCORSO DI IDEE – E’ il primo cittadino a dare la sua personale lettura della vicenda: «Ho sempre messo il veto a trattazioni sporadiche ed episodiche che non avevano nessun contesto con lo sviluppo della città che stavamo andando a studiare», ricostruisce Gigi Farioli spiegando poi che «imposi di adire alla via della partecipazione pubblica». Ma secondo Farioli «non si organizzò mai un concorso di idee» ma semplicemente si chiese «a chi volesse proporre qualcosa di trovare anche le coperture finanziarie per farlo». Ma nonostante il regolamento prevedesse una graduatoria, una giuria e una data -quella del 9 giugno 2012- per presentare alla città le proposte ritenute più meritevoli, secondo il primo cittadino «Agesp ha svolto egregiamente il proprio compito» quanto piuttosto «alcune proposte non erano valevoli della carta su cui erano scritte». 

Marco Corso
marco.corso@varesenews.it

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Pubblicato il 12 Ottobre 2015
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