“Con il jobs act il lavoro diventa a tempo indeterminato”

Pietro Ichino, intervistato da Massimo Brugnone, ha presentato le principali novità della riforma del lavoro

La serata parte prendendo il toro subito per le corna. Fuori dalla metafora Pietro Ichino è arrivato a Cardano al campo per parlare di lavoro e lo fa iniziando a raccontare alcune storie sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

“L’imprenditore era molto cauto nel licenziare il lavoratore anche di fronte a casi clamorosi come l’infermiere che maltrattava un paziente o il vigile del fuoco che compie una rapina a mano armata. Questo perché spesso il giudice evitava la convalida dei licenziamenti. Una incertezza che bloccava le aziende. Nel 1970 le assunzioni a tempo indeterminato era il 67%, nel 2014 il 19% era questo che volevamo rispetto all’ingresso nel mondo del lavoro?”

Nella serata organizzata da diverse realtà civiche e dal Pd, Massimo Brugnone ha intervistato Ichino su diversi temi della riforma del lavoro.
“L’Italia con la riforma si uniforma al resto d’Europa per quanto riguarda il reintegro del lavoratore in caso di licenziamento considerato illegittimo. È sensato pensare all’indennizzo economico perché il lavoratore va tutelato. Nella nuova legge c’è un’estensione per tutti dell’indennità di disoccupazione che va dal minimo del 65% al 90%. Questo vale per 24 mesi. C’è poi un assegno di ricollocazione con l’ausilio di un’agenzia professionale”.

Nei primi otto mesi del 2015 ci sono state il 35% di assunzioni a tempo indeterminato in più passando da 865mila a 1 milione 164mila.
“Questi sono dati che non abbiamo mai visto negli ultimi decenni. L’idea che il datore di lavoro non veda l’ora di licenziare perché non c’è l’articolo 18 è una grande sciocchezza. L’obiettivo della riforma è quello di portare il gran numero di contratti a tempo indeterminato”.

Ma finiti gli incentivi alle aziende che succederà?
“Il primo dato a favore dell’impresa è il taglio dell’Irap per i nuovi assunti a tempo indeterminato. Il secondo riguarda un beneficio contributivo che nel 2016 si dimezzerà. Dopo tre anni di rapporto che senso avrebbe licenziare un lavoratore che si conosce per poi dover pagargli una indennità?”

Hanno senso gli stage extracurricolari?
“È importante avere grande flessibilità, ma dentro regole che portino a una retribuzione, seppur in alcuni casi, vedasi l’apprendistato, potrebbe esser inferiore a quella ordinaria. In Italia il tasso di disoccupazione giovanile è altissimo e questo significa che i ragazzi non sanno nulla del mercato del lavoro. Nel 2010 venne fatto un sondaggio a livello europeo. In molti paesi le risposte legate al lavoro materiale erano simili a quello che poi indicava il mercato. In Italia non era così,  segno che manca una conoscenza da parte dei ragazzi e manca completamente un orientamento professionale. Nel resto dell’Europa c’è invece una grande attenzione a questo tema. Al ragazzo vengono indicati i reali sbocchi professionali. Questo consentirebbe di abbattere il fenomeno che vede scoperti molti posti di lavoro perché mancano le competenze. Si valuta che ci siano 500mila quelli non coperti per questa causa. Emerge così il dramma di non aver un orientamento professionale. Abbiamo iniziato a far qualcosa con Garanzia giovani”.

Quale sarà il vantaggio di una contrattazione aziendale rispetto a quella collettiva?

Su questo Ichino ha raccontato la vicenda di Sunderland dove di fronte alla crisi devastante arrivò la Nissan che portò un grande cambiamento e dopo dieci anni le retribuzioni raddoppiarono. In Italia l’arrivo di Marchionne che chiedeva tre deroghe contrattuali venne tacciato come un attacco contro i diritti. I lavoratori votano a favore delle deroghe e dopo tre anni lo stabilimento di Pomigliano venne premiato per innovazione e sicurezza del lavoro. “Se fossero prevalsi i no, come chiedeva la FIOM, la Fiat avrebbe lasciato l’Italia. Qui capiamo perché il contratto aziendale possa esser più importante di quello nazionale. Vale in modo particolare per le aziende strutturate a livello internazionale. Noi abbiamo bisogno di aprire alle multinazionali che sono state osteggiate da destra come da sinistra per motivi diversi. Abbiamo sempre fatto le barricate contro e questo non aiuta la nostra economia”.

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Pubblicato il 20 Ottobre 2015
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