Quando a Crenna non c’erano i boschi

Trecento anni fa la collina era dominata dalla brughiera, terreni incolti: a cambiare il paesaggio fu anche l'introduzione del Catasto Teresiano. Un libro e una mostra raccontano un punto di svolta per Crenna e per l'intera Lombardia

catasto teresiano crenna

La collina coperta di fitti boschi? È un’immagine che viene spesso evocata, specie quando si parla dell’avanzata della città che erode terreni fertili. Non sempre, però, l’immagine del paesaggio “naturale” che si associa al passato è veritiera. Crenna è oggi uno dei quartieri “verdi” di Gallarate, circondata dai boschi dove non mancano persino gli avvistamenti di grandi animali. Eppure quel bosco non è sempre esistito: «A Crenna trecento anni fa non c’erano boschi, ma moltissime brughiere» spiega Giorgio Della Valle, crennese di origine, trapiantato in Romagna, studioso del Catasto Teresiano, lo strumento di rilevazione e tassazione introdotto dall’Impero austriaco nell’arco del Settecento, sotto il dominio di Maria Teresa. Fu proprio il metodo di tassazione – che vincolava le imposte alla qualità dei terreni – a modificare il paesaggio di Crenna (così come quello di tanti altri paesi e borghi di Lombardia). «Le brughiere rappresentavano un problema perché erano terreni improduttivi» ricorda ancora Della Valle. L’introduzione del Catasto spinse il patriziato milanese a vendere o investire i terreni di proprietà a Crenna, per ricavarne reddito: la trasformazione non riguardò solo i boschi, ma fu molto più profonda.

L’importanza del Catasto è raccontata in una mostra allestita a Villa Delfina da Vivere Crenna, inaugurata venerdì 9 ottobre, che partendo dalle tavole e dai documenti ricostruisce un’immagine viva della Crenna del Sette-Ottocento, una “immagine ritrovata”. Un paese molto limitato rispetto a quello odierno, ristretto a poche decine di case agricole lungo il percorso di cresta che è oggi via Donatello e qualche altra casa intorno al castello e al nucleo di vicoli tra via Pascoli e via dei Milani. Qualche altra casa era intorno alla chiesetta del Bettolino, cascine sparse occupavano la zona dei Ronchi (Ronchi e Moriggia, oggi quartieri distinti, erano un tempo parte di Crenna, così come la fascia di pianura a Sud fino alla chiesetta di San Rocco).

Il paesaggio – descritto minuziosamente dalle tavole del Catasto, che differenziano la qualità dei terreni – era dominato dalle brughiere e dai terreni aratori, punteggiati da alberi da frutto, viti e gelsi. «Oltre millequattrocento gelsi, da uno a quarantanove per particella», in grado di produrre – secondo i calcoli teorici – 26 tonnellate di foglie, sufficienti per una tonnellata di bozzoli di seta all’anno (producevano reddito da tassare: ecco perché venivano rilevati con particolare attenzione dai funzionari imperiali). Era Crenna, comunque, un abitato povero, dove i più erano contadini con piccoli terreni da sfruttare all’inverosimile e pochi erano i “massari” con terreni più ampi e cascine adatte – ad esempio – ad allevare vacche. Nè la terra era buona per i prodotti di pregio: i racconti dell’Ottocento parlano della produzione di «un vino aspro e meschino», adatto solo al consumo locale.

La storia del Catasto Teresiano e dell’abitato di Crenna nel Settecento è raccontata non solo dalla mostra, ma anche da un volume: le ricerche sono state curate da Giorgio Della Valle, dall’architetto Matteo Scaltritti (della Società Gallaratese di Studi Patri), dal geometra Alessio Coarezza, mentre le riprese fotografiche delle tavole originali del Catasto sono di Salvatore Benvenga. La mostra sarà aperta per tutta la durata della fiera del libro Duemilalibri, domenica 11 ottobre è fissata una presentazione guidata con gli autori. Giovedì 15 ottobre, alle 17, verrà invece presentato ufficialmente il volume, pubblicato da Prodigi Edizioni.

catasto teresiano crenna

(Beniamino Bordoni di Prodigi Edizioni, Salvatore Benvenga, Giorgio Della Valle, Alessio Coarezza, Matteo Scaltritti)

Qui le info sulle aperture della mostra

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 10 Ottobre 2015
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