Ritardi e affollamenti: una settimana di ordinaria Trenord

Alessandro ci racconta cinque giorni da pendolare su Trenord tra Milano. «Non mi resta che sperare in un miracolo, sottoforma di trasferimento»

una settimana di ritardi treno trenord

«Ho iniziato a scrivere i ritardi e i disservizi un po’ per sfogarmi, un po’ perché volevo raccontare a tutti i nostri viaggi, un po’ per denunciare una situazione davvero indecorosa che coinvolge quotidianamente migliaia di persone». Alessandro lavora in ufficio a Milano e ogni giorno è costretto a percorrere i chilometri che separano il posto di lavoro dalla sua casa di Azzate a bordo dei treni pendolari che corrono (anzi, camminano e qualche volta zoppicano) sulle linee di Trenord. La tratta consueta è la Mornago-Gallarate (7,32) e da qui, dopo il cambio, a Milano; in alternativa c’è il 7,06 che porta direttamente da Mornago a Milano. Alla sera Alessandro in genere parte da Garibaldi alle 17,32 o alle 18,02 per cambiare sempre a Gallarate. Nei giorni scorsi – da lunedì 12 a venerdì 16, ha tenuto un piccolo diario quotidiano con ritardi e disservizi incontrati sui convogli.

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Ammassati sul treno, giorno dopo giorno 4 di 5

Quello che si ricava dai suoi aggiornamenti – cosa ben nota ai suoi colleghi di sventura – è un quadro piuttosto desolante, fatto di attese inutili, di tempo gettato via, di arrabbiature e di fatica visto che spesso restare in piedi è la regola. E restare in piedi – o seduti per terra – e accalcati l’un l’altro, non è certo l’eccezione. In Lombardia, la regione più industrializzata d’Italia, anno Domini 2015 (quasi 2016).

LUNEDI’ – La settimana inizia in maniera positiva, cosa rara: il TiLo proveniente dalla Svizzera è puntuale, la coincidenza a Gallarate (treno che arriva da Varese) ha solo 5′ di ritardo. Si viaggia in piedi da qui a Milano, una costante della giornata: nel pomeriggio ho preso il 17,29 (Milano-Domodossola), strapieno. E così sono rimasto senza posto a sedere anche se per lo meno sono giunto in tempo in tempo per la navetta TiLo presa a Busto.

MARTEDI’ – Il mio 7,32 del mattino ha pensato bene di regalare 9′ di ritardo. Per fortuna – cosa mi tocca dire! – era in ritardo anche la coincidenza a Gallarate delle 7,52 e così siamo riusciti a prendere quel treno ed arrivare a destinazione con un ritardo di “appena” 10′. Alla sera però il 17,32 da Garibaldi è partito con i soliti 10′ canonici e così – pur riuscendo incredibilmente a sedermi nonostante la calca – ho detto addio alla coincidenza di Gallarate.

MERCOLEDI’ – All’andata tutto sommato non ci sono stati disagi: sono addirittura riuscito a sedermi e il treno è arrivato a Milano con appena 6′ di ritardo. In compenso al ritorno è stato un disastro: il treno per Varese delle 18,02 – da Porta Garibaldi – è partito già con 12′ di ritardo. All’interno, come al solito, tutti ammassati alla bell’e meglio finché la “selezione”, o meglio la discesa nelle varie stazioni, ha concesso un po’ di respiro.

GIOVEDI’ – Stamattina ho preso il 7,06 per arrivare prima in ufficio: sforzo inutile perché è arrivato in stazione alle 7,32 e ha mantenuto il ritardo. Siamo giunti a Milano quasi mezz’ora dopo il previsto. In serata invece tutto è filato liscio, salvo qualche minuto di ritardo “standard” che non ha inciso troppo.

VENERDI’ – Il buongiorno si vede dal mattino: treno soppresso (Luino-Garibaldi delle 6,20) e corsa a Vergiate per prendere il 7,18 proveniente da Arona.
Alla sera per concludere in bellezza la settimana lavorativa, il treno delle 17,32 ha accumulato 22′ di ritardo e di conseguenza ho perso la coincidenza di Gallarate e atteso mezz’ora in stazione il diretto delle 18,41, a sua volta in ritardo di 11′. Uscire dall’ufficio alle 17,10 e arrivare a casa alle 19,20: due ore e 10′ per 50 chilometri… in piedi.

L’EPILOGO – Il viaggio del venerdì è stato il triste epilogo di una settimana di ritardi per colpa di Trenord, ore perse passate in carrozze spesso sporche e sovraffollate oltre che fredde d’inverno e calde d’estate. Senza dimenticare la scorrettezza nel comunicare quasi mai i motivi dei ritardi ai poveri e ignari pendolari, succubi di inefficienze e/o di negligenze. In più, quest’ultimo periodo risente del traffico generato da Expo per quanto riguarda l’affollamento: un problema prevedibile e irrisolto, almeno fino al termine della rassegna. A me non resta che sperare che Qualcuno da lassù faccia il miracolo, che nel mio caso si traduce con il termine “trasferimento“.

Damiano Franzetti
damiano.franzetti@varesenews.it

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Pubblicato il 20 Ottobre 2015
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