Alla Ilma per imparare come si fa un “pezzo” di Ferrari

L’azienda plastica nata nel 1938 produce prevalentemente nel settore “automotive”. Oggi gli studenti delle medie l’hanno visitata nell’ambito del progetto Pmi Day

Dai complementi per le pipe ai pomelli per le cucine prodotti ai tempi del grande Borghi. Dai pulsanti per le tv ai paraurti di Porsche, Audi, Ford e tanti altri marchi di auto, passando per il design che spazia dalle sedie ad altri oggetti di uso comune.

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Questa è la Ilma plastica di Gavirate. «Sono, in realtà, due aziende in una: l’officina, dove vengono realizzati gli stampi e la stamperia, dove avviene lo stampaggio» spiega Alessandra Caraffini, responsabile delle risorse umane dell’azienda.

Oggi è stata una giornata speciale per l’azienda, ma soprattutto per i suoi ospiti: una classe terza della scuola media inferiore Dante Alighieri di Gemonio che rientra nel progetto Pmi Day voluto da Confindustria e che in provincia di Varese porterà 1600 studenti in 60 aziende associate Univa.

Perché questi incontri? Per avvicinare il mondo delle aziende a quello della scuola, offrendo a chi deve decidere quale strada intraprendere nella formazione superiore uno spaccato della vita lavorativa e del ciclo produttivo delle aziende.

Alla Ilma si fa tutto questo: i ragazzi hanno potuto con grande attenzione seguire i processi che vanno dalla progettazione alla produzione di oggetti che ogni giorno sono visibili sulle auto: dai paraurti ai porta occhiali per vetture di svariate marche.

Le figure professionali che si cercano qui alla Ilma riguardano studenti che escono dagli “Isis”, con cui l’azienda da anni è in contatto; si incontrano camici bianchi, della progettazione, e tute blu, dell’officina: in una parola qui conta la “meccatronica”.

E quanto ci vuole per formare un buon operaio?
Risponde con una battuta Leonardo Volponi, 39 anni in azienda, direttore tecnico e di produzione che parla con fare preciso e col piglio più del filosofo che del tecnico: «Ci vogliono 40 anni, ci vuole una vita – risponde sorridendo – . Io sono entrato in azienda che ancora si facevano i calcoli a mano, con la carta, serviva penna e trigonometria, per il calcolo degli angoli. Dopo pochi anni siamo passati ai primi calcolatori e poi al pc. Oggi la progettazione avviene tramite programmi informatici che lavorano con modelli 3d: il modo di progettare e di lavorare è cambiato ed è il fattore tempo a fare la differenza. Per tornare alla domanda, in circa 3 anni riusciamo a trasformare uno studente neo diplomato con una preparazione base in un operaio in grado di lavorare in autonomia».

L’azienda ha 190 dipendenti ed è situata nella frazione di Oltrona al Lago; c’è, oltre a questo stabilimento, anche la “Demo”, a Besozzo, che si occupa sempre di stampaggio.

Tanti i “pezzi” che sono passati sotto gli occhi vispi di questi ragazzi. Ma il colpo di scena arriva alle 11 quando da una domanda si scopre che quel grande scatolone vuoto fatto tutto in plastica nera portato nelle mani di un operaio da un grande braccio meccanico è nientemeno che il baule di una Ferrari.

Tutti col naso all’insù a rimirare il miracolo: pezzetti di polimeri scuri che a guardarli paiono liquirizia vengono aspirati, fusi, iniettati negli stampi e trasformati in un pezzetto di quel marchio col cavallino rampante che brucia la strada.

Alla fine della visita vi è stato un momento di ulteriore apprendimento per i ragazzi che sono stati coinvolti in una riflessione su quanto il patrimonio umano e il gioco di squadra siano fondamentali per il successo di un’azienda.

Per coinvolgere ed entusiasmare i ragazzi, Alessandra Caraffini (ex atleta della Nazionale) ha paragonato il patrimonio umano aziendale a un equipaggio di canottaggio nel quale fiducia, collaborazione, resilienza e gioco di squadra sono elementi essenziali per il successo.

«In conclusione», dice Alessandra Caraffini, «l’azienda è come una grande barca!»

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 13 Novembre 2015
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