Dalla Sapienza al liceo per spiegare la meccanica quantistica

Il fisico Alessandro Moia è tornato al liceo scientifico Galileo Ferraris di Varese dove si è diplomato 8 anni fa per tenere una lezione dal titolo “La rivoluzione quantistica, ovvero la scomparsa della realtà"

Alessandro Moia

Alessandro Moia è un ricercatore felice. Lo si capisce da come spiega la rivoluzione introdotta dalla meccanica quantistica, rispetto al pensiero classico, agli studenti del liceo scientifico Galileo Ferraris di Varese dove si è diplomato 8 anni fa. Dopo il riconoscimento di miglior studente d’Italia da parte dell’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e una laurea in fisica alla Scuola Normale di Pisa, Moia è approdato alla Sapienza di Roma dove sta ultimando un dottorato di ricerca sulla gravità quantistica con il professor Giovanni Amelino Camelia.

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Per un giorno questa mente meravigliosa è ritornata nel suo vecchio liceo per tenere una lezione dal titolo “La rivoluzione quantistica, ovvero la scomparsa della realtà”. Ad ascoltarlo, in prima fila nella sala video del liceo di via Manin, c’erano i suoi ex professori e tanti studenti di quarta e di quinta rapiti da un’esposizione brillante che ha affrontato, nella prima parte, la visione classica del mondo attraverso i paradigmi filosofici del riduzionismo, determinismo, realismo e materialismo, nella seconda, la loro “distruzione”. «Con la meccanica quantistica salta in aria tutto, soprattutto la questione della conoscenza esterna o interna così cara ai riduzionisti come Cartesio – ha spiegato Moia -. È un modo nuovo di indagare la natura che permette di rispondere a obiezioni apparentemente invalicabili».

E l’obiezione apparentemente invalicabile è arrivata proprio dagli studenti. «Ma se la ragione per cui una particella radioattiva a un certo punto fa pluff  (decadimento radioattivo, ndr), fosse da ricondurre a una legge deterministica interna alla particella stessa che ancora non conosciamo?».
«Domanda molto interessante – ha risposto Moia – ma rifugiarsi in una legge deterministica serve a salvare i princìpi metafisici. Il concetto di infinito viene usato da una minoranza specialistica che non vuole accettare un nuovo modo di indagare, mentre la meccanica quantistica riesce a spiegare perché una particella fa pluff».

Osservando all’opera Alessandro Moia, viene da chiedersi se tutte le critiche al sistema formativo italiano siano fondate. La sensazione, al netto delle eccezioni, è che la scuola italiana e in particolare l’università sia ancora in grado di formare veri pensatori e non semplici tecnici che rispondono a uno standard richiesto dal sistema. E forse non è un caso che nella comunità dei fisici che si occupano di quantum gravity si parli quasi esclusivamente italiano.

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

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Pubblicato il 06 Novembre 2015
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