Il Giorno della memoria deve guardare anche al presente

Mai l'antisemitismo è stato così forte dopo la fine della seconda guerra mondiale. In un'intervista a "Pagine ebraiche" il sociologo francese Shmuel Trigano spiega le origini di questo fenomeno

13 novembre 2015 attentati parigi immagini

Sono ormai più di 15 anni che è stato istituito il “Giorno della memoria” con la legge n.  177 del 31 luglio 2000 ed è giunto anche il momento di chiedersi perché, nonostante tutta questa consapevolezza rispetto a quanto accaduto durante il nazifascismo e la conoscenza profonda della Shoah (la persecuzione e lo sterminio degli ebrei d’Europa), l’antisemitismo sia cresciuto così tanto. Mai, dopo la fine della seconda guerra mondiale, è stato tanto forte, quanto lo è oggi. Tanto forte da costringere molti ebrei a non indossare in pubblico la kippah (il copricapo tipico), a modificare le abitudini quotidiane e in molti casi a lasciare le comunità in Europa, dove le loro famiglie hanno vissuto per secoli, per fare ritorno in Israele.

Il sociologo francese Shmuel Trigano, intervistato da Guido Vitale su “Pagine Ebraiche” di gennaio, ha pochi dubbi e molte certezze sulla base teorica degli attentati di Parigi che hanno «una forte matrice antisemita» ben nascosta dietro la «facciata antisionista». Fare questa distinzione, dunque, non avrebbe più senso perché oggi l’antisionismo è la forma più avanzata di antisemitismo. Non solo, ma avere insistito in questi anni su una memoria della Shoah istituzionalizzata, enfatica e carica di retorica ha rappresentato, secondo il sociologo, una pessima difesa dello Stato di Israele.

Nella recente visita di papa Francesco al Tempio Maggiore di Roma, sia il pontefice che Ruth Dureghello, presidente della comunità ebraica romana, la più antica del vecchio continente e con una forte identità italiana, hanno ribadito quel concetto: «Attaccare gli ebrei e anche Israele è antisemitismo, di cui l’antisionismo è la forma più moderna».

«C’è un continente sommerso che comincia ad emergere sotto i nostri piedi». È qualcosa di grande, sottovalutato negli ultimi vent’anni, un’ostilità le cui radici sono da ricercare «nella capacità del popolo ebraico di organizzarsi in stato nazione, ed essere dunque un attore nella storia dell’umanità, a costituire il bersaglio di una vendetta planetaria. La sua stessa esistenza, la dignità della sua cultura e della sua identità sono in gioco, come ci rivelano i miti più arcaici che questa animosità risveglia» scrive Trigano.

Due fenomeni dunque hanno creato il terreno adatto a questa nuova ondata antisemita: da una parte, lo sgretolamento degli stati nazionali, che erano un punto di riferimento, riconoscimento e protezione del mondo ebraico; dall’altra, la massiccia immigrazione islamica avvenuta negli anni in cui le nazioni hanno battuto in ritirata.

Alla domanda sulle prospettive e sul futuro, Trigano risponde: «Fino a ieri ci siamo definiti in quanto ebrei addossandoci all’identità nazionale, oggi non è più possibile. Da componente essenziale dell’identità nazionale rischiamo di essere tramutati in minoranza tollerata».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

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Pubblicato il 27 Gennaio 2016
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  1. Avatar
    Scritto da lenny54

    E’ dal 1967 che sento del conflitto tra ebrei e palestinesi. Nessuno dei due e’ esente da colpe, ma gli ebrei massacrano con mezzi pesanti civili e bambini palestinesi da sempre (chi si ricorda Sabra e Chatila?) Per non parlare dell’insediamento di coloni sul suolo palestinese. Da vittime della Shoah non hanno imparato niente e sono diventati carnefici. Non sono islamico e non mi reputo antisemita, ma sono contro tutti quelli che pensano di risolvere i problemi con le armi…e ancor di piu’ quando bombardando i civili.

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