Salvò decine di persone leggendo i dispacci in controluce

Ha finalmente un nome il capostazione che durante la guerra evitò la deportazione a ebrei e disertori: Andrea Albisetti leggeva e avvisava poche ore prima dell'arresto

Andrea Albisetti, capostazione Tradate

Ha agito nel silenzio, intercettava le lettere, le leggeva in controluce e avvisava le persone che dovevano essere arrestate. È successo tra il 1943 e il 1945 e l’uomo in questione è Andrea Albisetti (nella foto), il capostazione, o funzionario delle ferrovie, di Tradate. Ha salvato dall’arresto tra le dieci e le venti persone e il suo nome era sconosciuto fino a qualche giorno fa.

L’esistenza di questo fantomatico capostazione aleggiava da tempo tra Tradate e Abbiate Guazzone. Qualcuno degli ebrei salvati lo citava nei propri racconti, ma nessuno aveva mai saputo dire il suo nome. E lo stesso Albisetti aveva evitato di raccontare per anni quanto aveva fatto durante la guerra. Sembra non amasse avere pubblicità per aver semplicemente fatto il suo dovere di uomo. 

La sua vicenda è tornata all’attenzione locale per il racconto del “Violino della Shoah”, ritrovato a Torino dal collezionista Carlo Alberto Cerutti. Violino che passò da Tradate quando nel 1943 i proprietari, Enzo e Maria Segre Levi, avevano trovato rifugio in Villa Truffini. Dopo un mese di permanenza in città furono scoperti e vennero deportati ad Auschwitz. Maria suonò quel violino durante la prigionia e fu proprio questa sua abilità a salvarla. Il padre di questi due ragazzi evitò la deportazione proprio grazie al capostazione di Tradate, che lo fece salire su un altro treno che andava in direzione opposta, evitando così la direzione del carcere di San Vittore.

Ora, questa storia è stata nuovamente raccontata perché nel mese di febbraio, grazie all’insistenza dell’amministrazione comunale, il violino della Shoah tornerà a suonare in città. Gli appassionati dell’Associazione Studi Storici tradatesi, guidati dal giovane presidente Federico Colombo, hanno iniziato a indagare sulla figura del capostazione, arrivando a scoprirne nome e storia.

«Tempo fa in un’intervista Oscar Stenfeld, ebreo che viveva a Tradate da sempre, raccontò di essere stato salvato da un tale Albisetti – racconta Colombo -. La storia del violino e del capostazione ci ha fatto fare alcuni collegamenti. Era lo stesso Albisetti, allora capostazione a Tradate, che aveva avvisato Stenfeld che sarebbero venuti ad arrestarlo, permettendogli così di fuggire in Svizzera».

In poche parole, il capostazione, tra i suoi compiti, smistava anche la posta del Governo da consegnare al mattino, tra cui i dispacci per le forze dell’ordine con gli ordini di arresto. Lui leggeva il contenuto in controluce e andava nelle case ad avvisare le persone che sarebbero arrivati i carabinieri. «Queste azioni hanno permesso di salvare almeno dieci persone, ma crediamo si possa arrivare anche a venti – spiega Colombo -. Non è che a Tradate ci siano stati grandi arresti in quel periodo, ma erano in tanti che si rifugiavano qui. Tra il ’43 e il ’45, oltre agli ebrei, aveva aiutato anche parecchi disertori che si nascondevano così nei boschi prima dell’arrivo dei carabinieri».

Andrea Albisetti era inoltre il padre di Dorligo Albisetti, capitano degli Alpioni deceduto durante la Seconda guerra mondiale, nella Campagna di Russia, a cui gli Alpini della città hanno dedicato una pubblicazione in passato. «Grazie a questo collegamento siamo risaliti al nome del padre Andrea – continua il presidente dell’associazione -. Certo che aiutare persone che si conoscono è un conto, ma quest’uomo ha permesso anche a persone come i Levi, che conosceva da appena un mese, di poter scappare, rischiando la propria vita. La pena, se fosse stato scoperto, sarebbe stata la deportazione».

Ora tutto sembra essere stato ricostruito. «La scoperta l’abbiamo fatta tre giorni fa e stiamo ancora unendo tutti i puntini – conclude Colombo -. Purtroppo in città o nelle vicinanze non ci sono più eredi dell’Albisetti e vorremmo poterlo ricordare e omaggiare in qualche maniera. Naturalmente rispettando anche la sua volontà di non volere pubblicità. Ma i suoi gesti, con il passare degli anni e con la consapevolezza di quanto accaduto, non possono essere dimenticati o passare inosservati». 

Manuel Sgarella
manuel.sgarella@varesenews.it

 

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Pubblicato il 26 Gennaio 2016
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