Dal trapianto al basket: Stefano va a canestro contro la fibrosi cistica

Il prossimo 25 febbraio Stefano Volpe scenderà per la prima volta sul parquet a 46 anni. "Sono stato in coma, non ho mai potuto giocare. Ma con i polmoni nuovi sfido la malattia"

stefano volpe malnate

Arrivare a 46 anni per segnare il canestro più bello, evitando la stoppata che si temeva implacabile di un avversario insidioso e subdolo come la fibrosi cistica. Stefano Volpe, classe 1970 di Malnate, è pronto a “bruciare la retìna” e ha dato appuntamento a tutti per giovedì 25 febbraio quando la sua squadra (il “Monte dei Fiaschi”) di Csi affronterà sul campo di casa – a Malnate appunto, palestra di via Libia – l’Eurobasket Besozzo.

Ma l’unico vero avversario di Stefano in quella partita e in tutte quelle seguenti sarà una malattia genetica, una delle più diffuse, che lo accompagna dalla nascita e che tre anni fa lo costrinse al coma e a un trapianto di polmoni.
«Prima di allora per me era impossibile pensare di giocare una partita agonistica: chi ha la fibrosi cistica si allena quotidianamente per respingere la malattia, ma non ha l’autorizzazione a scendere davvero in campo e nemmeno per fare ginnastica a scuola. Ora, con i polmoni “nuovi”, ho superato le visite e sono pronto: non aspettatevi da me grandi giocate tecniche, perché sono un autodidatta scoordinato, che ha sempre guardato il basket ma purtroppo non lo ha mai potuto praticare. Però se ho scelto alla mia età di indossare una maglia “vera”, è per portare a tutti la mia testimonianza: anche noi trapiantati possiamo fare sport. E pure discipline con i contatti, che in genere non vengono contemplate per chi ha subito questo tipo di operazioni».

stefano volpe malnate
Stefano Volpe con Vincenzo Nibali

Il basket, come il ciclismo, è da sempre nel cuore di Stefano: «Tifo la Pallacanestro Varese dai primi anni Ottanta, dai tempi in cui si chiamava Ciao Crem, e tutt’ora sono sempre presente al palazzetto. E per questo ora ho scelto i canestri per il mio esordio; poi vado anche in bicicletta, altra disciplina appassionante. Ho avuto la fortuna di incontrare Nibali prima del Tour 2014 e… gli ho portato fortuna visto che lo ha vinto».

Prima dello sport però, Stefano – e tutti quelli nella sua condizione – hanno ben presto imparato cosa vuol dire “allenarsi” ogni giorno, più volte nell’arco delle 24 ore. «Per attenuare la fibrosi, malattia che causa gravi problemi ai polmoni, dobbiamo svolgere ogni giorno sedute di fisioterapia respiratoria: non ci sono Natale, Pasqua o compleanni, non possiamo mai smettere, lavorando da soli o con un terapeuta. Questo consente di limitare o ritardare gli effetti della fibrosi, impegna i malati in modo attivo e, purtroppo, non evita che questa malattia prima o poi presenti il suo conto. A me è arrivato dopo 43 anni in cui sono stato relativamente bene, e mi ha portato al coma e per fortuna al trapianto: l’equipe del Policlinico di Milano diretta dal professor Santambrogio è stata fantastica, mi ha operato a gennaio 2014 e pochi mesi dopo io ero già sulle Dolomiti. A 2.600/2.700 metri, dove prima per me era impensabile passeggiare».

Ora la nuova avventura, sui 28 metri di un campo di pallacanestro: «L’attività fisica, pur con le problematiche che comporta, rimane importante per i malati di fibrosi; ci consente infatti di tenere allenati i polmoni e questo vale sia prima, sia dopo un trapianto». Volpe tiene a ricordare una cosa: di questa malattia non si guarisce nemmeno dopo l’operazione, avendo origini genetiche. Ma con il pallone in mano questa volta sarà lui ad averlo, la fibrosi dovrà ripiegare in difesa e subire lo schema dei ragazzi del Monte dei Fiaschi: un’azione costruita bene, canestro finale di Stefano. E poi hai voglia a batterlo di nuovo, uno che ha dentro di sé questa determinazione.

Damiano Franzetti
damiano.franzetti@varesenews.it

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Pubblicato il 16 Febbraio 2016
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