Tettamanti: “Vi racconto Radio Varese, che ha spronato una generazione”
Per rievocare la storia della radio abbiamo provato a chiedere a uno dei protagonisti di questa stagione, il giornalista Franco Tettamanti
I 40 anni di Radio Varese non sono solo un anniversario nostalgico: sono la rievocazione di un pezzo di storia della città, il riportare alla luce un periodo in cui i giovani varesini hanno preso in mano la loro storia, e l’hanno fatta diventare storia di questo paese.
Siamo stati troppo pomposi? Probabilmente no, se si prova a rievocarne la storia: per farlo abbiamo provato a chiedere a uno dei protagonisti di questa stagione, il giornalista Franco Tettamanti, che innanzitutto precisa: «La radio è nata il 28 febbraio 1976: compie, appunto, 40 anni. Io però ci sono arrivato il primo ottobre del 1978 e in radio ho fatto il praticante: sono diventato giornalista grazie al lavoro che ho svolto lì. Non era la prima esperienza giornalistica, per me: arrivavo da esperienza al Giornale di Varese, alla Prealpina, ma quella che ho sentito più profondamente “da giornalista” è stata a Radio Varese».
L’esperienza è infatti stata importante per molti nel mondo dell’informazione, non solo varesino: «Dalla redazione di Radio Varese sono usciti 18 giornalisti professionisti, poi andati a Repubblica, Rai, Corriere della Sera, Mediaset. Per primi abbiamo fatto le radiocronache delle partite di calcio e pallacanestro, via telefono. La parte piu importante però era la musica, qualunque tipo di musica: una fatto inusuale a quei tempi, dove a trasmettere era solo la Rai. I Doors, o Bruce Springsteen, non erano molto ascoltati da altre parti. Diversi di noi hanno continuato a fare musica. Ma tra gli esperti di musica c’è anche un ex ministro e attuale Presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni».
Radio Varese era una radio giovane, e anche orientata: «Non si può negare che fosse una radio di sinistra. Ci si autodefiniva “La prima radio libera dell’occidente occupato”: ma non alzava nessun muro. Con politici e amministratori di allora c’era un grande confronto e nei dibattiti da noi organizzati non si è mai tirato indietro nessuno, di nessun orientamento politico fosse. Questo ha potuto mantenere la radio sempre in contatto con la città: grazie al confronto».
Ma la sua principale caratteristica era il contatto con la città, a tutto tondo: «In radio c’erano anche tanti spazi dedicati alla cultura: le rubriche di cinema, teatro, libri. C’erano trasmissioni per bambini e trasmissioni in dialetto. Abbiamo intervistato Ugo Tognazzi, Renato Pozzetto, Roberto Benigni. Abbiamo organizzato eventi e concerti: quello di Francesco Guccini a Varese è stato da record».
Un’offerta che meritava di continuare? «Penso che gli ascoltatori fossero affezionati a questo tipo di rapporto cosi diretto. Ma come tutte le cose belle, era un esperienza destinata a finire, quando non è diventata piu sostenibile economicamente. Chissà, forse in alternativa avremmo potuto ampliare l’orizzonte, smettere di essere una radio strettamente locale. Ma questo si è capito dopo. Certamente Radio Varese è stata un grande stimolo per tutti noi, che dopo ci siamo dati tutti da fare: il nostro è stato un gruppo che ha fatto molto in politica, nel giornalismo, nell’imprenditoria. E a me ha lasciato impresso visivamente lo scopo del mio mestiere: le tre scimmiette che vedono, sentono e parlano. Questo è il senso vero del lavoro del giornalista».
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