Taldone: “Sui frontalieri non abbassiamo la guardia”

Per il consigliere di minoranza "occorre un compatto fronte locale all'interno del quale la politica, le istituzioni, le organizzazioni sindacali e la società civile sappiano dialogare"

Riceviamo e pubblichiamo la nota del consigliere comunale Giuseppe Taldone in merito alla questione dei lavoratori frontalieri.

L’altro giorno un amico, nel corso di una chiacchierata, mi ha detto: si parla sempre di frontalieri e poco di chi come me lavora in Italia, in zona di confine, tra mille difficoltà. La battuta mi ha fatto riflettere. Sarebbe infatti sconfortante scoprire che che si possa pensare di tutelare una categoria di lavoratori dimenticandosene un’altra. Le cose non sono in questi termini. Il lavoro è un diritto sacrosanto, dona dignità all’individuo e per tale ragione va sempre difeso a prescindere se svolto in Italia o all’estero. I frontalieri sono o non sono una risorsa per il territorio?

Sono una categoria privilegiata o grazie a loro la nostra economia ha potuto reggere? Chi varca il confine spesso lo fa come scelta obbligata, non riuscendo a trovare da noi valide alternative. Talvolta a malincuore e con grossi sacrifici, alzandosi la mattina presto, sottoponendosi a stressanti code in auto e approdando in un ambiente dove le garanzie sindacali non sono sempre adeguate. Parliamo di persone che se potessero scegliere probabilmente, in buona parte, tornerebbero volentieri in Italia.

Oggi vi sono circa 280.000 frontalieri in Svizzera di cui più di 60.000 in Ticino. Di questi 25.000 appartengono alla nostra provincia. Numeri importanti che indicano quante difficoltà ci siano da noi a trovare un impiego. Il lavoro oltre confine è stato fino ad oggi un grande ammortizzatore sociale, consentendo di avere immediate opportunità di guadagno. Ciò ha influito positivamente sulla locale economia, con benefiche ricadute sociali. L’irresistibile richiamo ticinese ha permesso di evitare il calvario di una dilagante disoccupazione e delle sue nefaste consegue. Non dimentichiamo la ricchezza che hanno prodotto i ristorni, un gruzzolo da 60.000.000 di euro all’anno, destinato ai comuni di frontiera, che ha consentito di sostenere i costi amministrativi di tanti servizi e opere pubbliche, con indubbi vantaggi a carico di tutta la collettività.

Ora si pretende di mettere in discussione tutto ciò modificando, con nuovi accordi Roma-Berna, i consolidati equilibri dell’economia transfrontaliera. L’abolizione del meccanismo dei ristorni e l’eventuale incremento della fiscalità a carico dei lavoratori italiani in Svizzera, rischia di piegare la nostra economia a livelli inaccettabili, con un inevitabile impoverimento in un momento non felice dal punto di vista socio-economico-occupazionale.

Non lo possiamo accettare, non lo possiamo permettere. Fortunatamente il Governo ha chiarito che i nostri frontalieri non sono tenuti a versare ulteriori contributi per il Servizio Sanitario Nazionale, come in un primo momento si era temuto. Ciò avrebbe causato un ulteriore e importante esborso da parte loro, nonostante gli accordi italo-svizzeri prevedano già una tassazione alla fonte con quota di gettito fiscale girato all’Italia. Una buona notizia che non deve comunque farci abbassare la guardia. Sarebbe bello immaginare, a sostegno di tutte queste ragioni, un compatto fronte locale all’interno del quale la politica, le istituzioni, le organizzazioni sindacali e la società civile sappiano dialogare, ragionare e fare sintesi, smarcandosi da scontate demagogie o facili derive elettorali. Lo dobbiamo al nostro territorio, alla nostra comunità e a tutti coloro che con forza cercano spunti di crescita e non di retrocessione.

GIUSEPPE TALDONE

CONSIGLIERE COMUNALE E PROVINCIALE

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Pubblicato il 11 Marzo 2016
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