Moglie dona un rene al marito: “Lei mi ha ridato la vita”

Max, ammalato di fibrosi cistica, aveva bisogno urgente di un trapianto. Sua moglie Melina non ci ha pensato due volte. Un amore immenso che ha superato molti ostacoli

Max Guffanti

«Mia moglie mi ha donato una parte di sè». Non è una metafora quella che usa Max Guffanti, 52 anni di Tradate: è uscito dalla sala operatoria nel primo pomeriggio di martedì 1 marzo, dopo aver subito il trapianto di un rene, organo donatogli da sua moglie Melina.

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Melina e Max, una grande storia d’amore 4 di 4

La storia di Max e Melina è complicata, fatta di tante sofferenze ma anche e soprattutto di un amore grande, anzi grandissimo.

Max ha la fibrosi cistica, diagnosticata quando aveva 30 anni: ha dovuto subire il trapianto di entrambi i polmoni 9 anni fa, ma i farmaci antirigetto gli hanno danneggiato i reni, fino a rendere necessario il trapianto. Melina è una delle bambine nate con gravi malformazioni per colpa del Talidomite, un farmaco che parecchie donne incinta assumevano negli anni ’50/’60 e che in seguito è stato riconosciuto come il responsabile di modificazione genetiche sui feti e quindi ritirato dal mercato: è nata senza entrambe le gambe.

Max e Melina si sono conosciuti 20 anni fa, entrambi ricoverati alla clinica Maugeri di Tradate. È nato lì il loro amore e grazie ad una fisioterapista che seguiva entrambi hanno trovato casa proprio a Tradate. Quando si è manifestato il problema ai reni di Max, Melina si è subito proposta per fare da donatrice.

«Quando un medico ci ha parlato per la prima volta di donazione da persona viva, mia moglie si è subito detta disponibile. Non è stato facile accettarlo, perchè pur essendo un gesto meraviglioso, può comportare problemi ed io ero pieno di dubbi – racconta Max che sta bene, ha già mangiato e parla con chiarezza e forza dall’ospedale san Matteo di Pavia, dove è ricoverato dopo il trapianto -. I medici del san Matteo ci hanno seguito, anche col supporto di una psicologa. Melina ed io siamo compatibili al 100% e quindi abbiamo completato il percorso durata sei mesi, fino al trapianto. Anche lei sta bene, serviranno alcuni giorni di assestamento, ma per il momento è tutto ok. Non finirò mai di ringraziarla, la prima cosa che voglio fare quando potrò alzarmi sarà abbracciarla e dirle quanto la amo. È un’emozione fortissima sapere di avere dentro di me una parte di lei, una sensazione indescrivibile e potente. Il suo è un gesto che vale doppio vista la sua situazione, ma mi ha trasmesso serenità in ogni momento, fino a quando è scesa in sala operatoria. Mi ha aiutato moltissimo, e con lei tutti i nostri cari, parenti e amici che ci sono sempre stati vicini. La nostra storia spero sia un insegnamento per tanti altri, per chi non vede la luce della speranza: combattere e stare insieme anche di fronte alla malattia è fondamentale. E la forza dell’amore è la più grande che ci sia».

Tommaso Guidotti
tommaso.guidotti@varesenews.it

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Pubblicato il 03 Marzo 2016
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