“La mafia ama la provincia di Varese”
Posizione strategica e ricchezza: è per questo che la mafia ama questi territori. E nella battaglia per la legalità sindaci e consiglieri comunali sono in trincea
In una posizione strategica a metà strada tra Milano e la Svizzera, piena di imprese e aziende e con un reddito molto alto. Sono queste alcuni dei punti di forza che rendono appetibile la provincia di Varese, caratteristiche che però fanno gola anche alle organizzazioni criminali. «E’ un territorio che fa molto gola alle organizzazioni criminali che qui ormai ci sono da anni», racconta Lucrezia Ricchiuti, componente della Commissione parlamentare antimafia, arrivata a Busto Arsizio per un incontro organizzato dal Partito Democratico.
Una presenza che affonda le sue radici parecchi anni fa quando «qui arrivarono molti mafiosi mandati al confino o in soggiorno forzato» che se da un lato «l’idea iniziale, quella che sperava che allontanandoli dai loro territori, sembrava anche buona» alla fine non ha fatto altro che «spargere il virus». Un virus che specialmente qui ha attecchito molto bene: «avendo numerose aziende e redditi alti permetteva alle organizzazioni di portare a termine sequestri molto redditizi».
Il tempo è passato e oggi nella lotta alla criminalità organizzata in trincea ci sono gli amministratori locali. E’ proprio da lì, da quella trincea nella lotta tra stato e mafia, che è partita la storia politica di Lucrezia Ricchiuti. «Mi sono sempre occupata di politica a Desio, dove abitavo» e fin da bambina «sentivo sempre parlare di questa famiglia di ‘ndrangheta che era stata mandata in soggiorno obbligato qui». Poi nel 2000 «sono arrivata in consiglio comunale e ho iniziato a controllare, a fare cioè quello che dovrebbe fare un consigliere comunale» ma incontrando parecchie difficoltà al punto che «per farmi consegnare dei documenti dal comune mi sono anche fatta accompagnare più volte dai carabinieri». Poi arrivarono le inchieste, gli arresti e il cambio di giunta nella quale Lucrezia Ricchiuti fu nomina vicesindaco con un’esperienza che non fu facile: «se da un lato dovevamo portare avanti una città, dall’altra abbiamo dovuto controllare anche tutti gli atti del passato, tirando fuori quei casi che avevamo denunciato ma che non avevamo potuto approfondire».
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