“Io non ci sto, non mi rassegno alla violenza che ci circonda”

La dirigente Ferrario, ex docente del liceo Candiani, scrive una lettera al Ministro Giannini dopo l'aggressione a una preside di Milano

bullismo picchiato pestaggio

Dopo l’aggressione alla dirigente di una scuola di Milano, la preside Amanda Ferrario, ex docente del liceo Candiani di Busto Arsizio e attualmente preside del liceo Tito Livio di Milano, ha scritto una lettera aperta al Ministro Giannini. Un appello che sta raccogliendo le adesioni di molti colleghi


Ieri mattina, mentre ero a scuola, come ogni giorno, ho appreso con sgomento che una collega, in servizio presso un istituto comprensivo di Milano, è stata insultata e presa a pugni da una persona che si è introdotta a scuola e l’ha colta di sorpresa gridandole anche “te ne devi andare”.

Sono rimasta esterrefatta. Non mi interessa, nel merito, che problemi potessero esserci in quella scuola. Come non voglio nemmeno sapere che ruggini potessero essere sorte tra le componenti presenti nell’istituto. Nel merito voglio invece discutere l’accaduto.

Un dirigente scolastico, donna, madre, pubblico funzionario, è stato aggredito nell’esercizio delle sue funzioni. La violenza subita, fisica – ci sono 10 giorni di prognosi – e verbale è un fatto gravissimo, lesivo della dignità di qualunque essere umano e profondamente sbagliato, senza appello alcuno.

Tutti noi, ogni giorno, lavoriamo nelle scuole proponendo progetti sulla cultura della legalità, contro la violenza di genere, contro le mafie, a favore dell’inclusione cercando di diffondere le buone pratiche. Lavoriamo per costruire, mattone dopo mattone, cercando di sviluppare il meglio, per tutti.

Quello che è accaduto alla collega non è tollerabile. Lo so che, probabilmente, ogni giorno succede qualcosa di simile in tutta Italia, a qualche docente o a qualche preside o a qualche operatore del settore.. Lo so che non è la prima volta.. Però io conosco personalmente questa collega. E quando accade un fatto grave associato ad un nome familiare la cosa “pizzica” ancora di più. L’indignazione cresce. Senza voler sminuire altri casi, anzi, per questo, volendoli comprendere tutti.

L’assuefazione quotidiana alle violenze di ogni tipo, da quelle trasmesse ai telegiornali a quelle sentite in radio, non può e non deve condizionare il silenzio assordante su ciò che sta realmente accadendo.

Se ciò fosse avvenuto ai tempi dei miei nonni la piazza si sarebbe indignata e la solidarietà sarebbe stata palpabile, reale, concreta. Adesso ci si limita alla rassegnata pacca sulla spalla della collega. Io NON ci sto. Basta con tutte le parole, i convegni, le buone pratiche.. se poi alla teoria non segue un segnale forte.

La scuola non può sostituirsi alle famiglie, all’educazione di base che si insegna tra le mura domestiche. Non può e non deve diventare il bersaglio di ogni rivendicazione sociale. La scuola è un luogo sacro. Dove si deve stare bene, nel quale si deve fare cultura, fatto di gente che ha voglia di crescere e di sperimentare. Dove le alleanze educative non possono essere solo parole.

Se vogliamo che i nostri studenti crescano in un Paese civile dobbiamo noi essere in grado di trasmettere valori e principi non negoziabili, non barattabili, non declinabili. Quanto accaduto ieri è un fatto che non deve passare sotto silenzio. Le chiedo, signor Ministro, di prendere posizione.

Io credo in una scuola buona, che non è uno slogan, è un dato di fatto. Ogni giorno, silenziosamente, migliaia di bravi docenti e dirigenti e bidelli e personale di segreteria, sono in prima linea perché credono davvero che il Ministero dell’Istruzione sia il Ministero del Futuro. Lei, illustrissimo signor Ministro, mi rappresenta, ci rappresenta. Spenda una parola, ne abbiamo bisogno!

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 13 Maggio 2016
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