L’arte arbitraria del fotografare

Lectio magistralis e mostra di Efrem Raimondi, fotografo di caratura internazionale. L’evento organizzato da R&P Legal

Avarie

Una mostra di opere, una lectio magistralis per arrivare al cuore della questione: cos’è la fotografia.

Sarà Efrem Raimondi a spiegarlo: questo interprete di caratura internazionale incominciò il suo viaggio nell’arte della fotografia nel 1980, ma è ma è dall’83 che inizia a collaborare con diverse riviste internazionali e aziende. Dal 2009 al 2011 è stato membro dell’Hasselblad Master Jury.

Per questo sarà importante ascoltare la sua lectio magistralis sulla fotografia, che si terrà al museo del tessile il prossimo 16 giugno e non perdersi le tre serate che R&P Legal ospita nella sua sede di Busto Arsizio i prossimi 9, 23 e 30 giugno.

La lectio si colloca nel mezzo di un percorso di ampio respiro che vede coinvolte la realtà artistica del fotografo e e la realtà professionale dello studio legale.
Dice Raimondi della fotografia in un post del suo blog : «La fotografia è un fatto arbitrario e per nulla oggettivo. La fotografia alla quale penso se ne frega di ammiccare e si occupa di sè stessa, modulandosi col soggetto di turno indipendentemente dalla sua importanza. Usandolo come pretesto.
La fotografia alla quale penso quando incappa nel concettuale ha con questo un rapporto strumentale, non subordinato. E non perde la forma. Non ha intenti messianici nè sguardo incline ad alcuna dichiarazione demagogica.
La fotografia alla quale penso e nella quale mi rifletto non è un vezzeggiativo. Non è carina, non è simpatica. Non accattivante…Non è spaccona. Non sbraita. Se alza i toni emette un urlo muto che costringe a frequenze inusuali immutate nei secoli.
La fotografia alla quale penso non ha alcuna pretesa, a parte quella di trovare sede in me».

«Questa fotografia obliqua non ha bandiera – continua l’autore – , non ha parrocchia, non ha diktat. Non si interroga sul senso del mondo, lo rappresenta.
Nessun o è più deputato di un altro: ciò che importa non è il cosa ma ma il come.
Credo nell’ancestralità della fotografia e m’interessa ciò che non si vede. Io credo nell’utopia, e la fotografia le dà forma».

«Nelle pieghe dell’imperfetto – conclude Efrem Raimondi – , negli sgabuzzini della memoria evolutiva si trova ciò che ci appartiene e al netto del doping mediatico lì potremmo trovare la nostra voce. C’è una fotografia artificiale ed emulativa che non ci riguarda. Poi ce n’è una che ci appartiene. Usiamola. Dovunque. La fotografia non esiste senza di noi».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 08 Giugno 2016
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