Le luci e le ombre di Aldo Fumagalli
Il sindaco della Lega Nord dovette concludere il suo secondo mandato anzitempo perché coinvolto in una inchiesta giudiziaria
Giuseppe Bonomi aveva ricoperto il ruolo di assessore alle finanze nella squadra del sindaco Fassa la prima dell’era del Carroccio. L’avvocato Bonomi non aveva la tessera del partito, considerato vicino alla Lega era un talento e la sua carriera ne avrebbe confermato le doti di ottimo manager.
Se fosse stato eletto sindaco con ogni probabilità avrebbe completato a Varese la sua prima grande avventura, invece spiccò il volo dopo l’esperienza come assessore che fu eccellente, ma appunto contenuta in limiti temporali più brevi del previsto. Si dice che chi lo avrebbe voluto sindaco fosse certo dell’incarico sino a poche ore dall’annuncio ufficiale, sta di fatto che Varese non ebbe come guida una persona nota e appartenente a una famiglia che già si era distinta nel servizio alla comunità.
Non accadde però che fosse accolto male Aldo Fumagalli, ma la diversità tra i due poi sarebbe emersa. Fumagalli, con alle spalle incarichi direttivi nell’ambiente scolastico, fu abile nel varare una giunta con docenti universitari e professionisti che avrebbero contribuito ad anni ricchi di tono.
In particolare, in un clima di attenzione alla cultura stimolata da iniziative del Comune, dopo avere accantonato un progetto inavvicinabile anche per le casse pubbliche, ecco Fumagalli cavar fuori un do di petto quasi alla Pavarotti: il teatro tenda. Mi sembra di avere già commentato, esagerando che è stata una soluzione da terremotati in rapporto alle potenzialità e alla storia teatrale cittadine, ma nell’occasione devo riconoscere come la positività del meglio del provvisorio rispetto al “crepà definitiv” di Speri della Chiesa, abbia trovato in Fumagalli un interprete eccellente: se infatti la città ha avuto un luogo più accogliente di un cinema per godersi spettacoli di vario tipo e di elevato interesse, lo deve a un sindaco che ha dato una soluzione di ripiego ma fruibile a un problema che opprimeva Varese dal 1953.
Nel secondo mandato i collaboratori furono meno titolati e più politici, Fumagalli forse pensava di riuscire ugualmente a centrare obiettivi importanti, ma ci furono situazioni ereditate dai predecessori che non trovarono soluzioni, pregiudicando così sviluppi futuri come accadde con la viabilità e corso Europa. Ebbe un rallentamento anche la campagna per il verde cittadino, vanto della prima giunta, come non sarebbe andato a buon fine il trasferimento del carcere, altro progetto molto datato e che sembrava cosa fatta ma poi fu bloccato da una questione ecologica: infatti sarebbe stata inopportuna la nuova sede della casa circondariale realizzata in un’area di antica nobiltà boschiva.
Sempre durante il secondo mandato di Aldo Fumagalli si iniziò il singolare declino di una importante cooperativa sociale vicina alla Lega, la Sette Laghi, oltre 200 dipendenti, declino del quale le cronache non si sono occupate più di tanto. A due anni dalla fine del suo secondo mandato non si può fare un bilancio preciso dell’attività di un primo cittadino, se non altro perché i programmi del mandato vengono impostati per un arco di cinque anni.
Fumagalli è stato meno convincente nel secondo round durante il quale è poi scivolato fuori campo, varcando limiti che separano il pubblico dal privato. È possibile che la seconda giunta non abbia avuto l’autorevolezza della prima, sta di fatto che una diversa impostazione del lavoro può avere nuociuto, ma se fosse andato in porto dopo il teatro anche il trasferimento del carcere Aldo Fumagalli nella storia dei sindaci varesini avrebbe conquistato un piazzamento di riguardo. Egli dovette concludere il suo mandato anzitempo per la vicenda dei confini tra pubblico e privato che presenta trappole che continuano a incastrare ancora oggi primi cittadini.
Sono confini che conosce bene il successore di Fumagalli, Attilio Fontana, eccellente avvocato che sotto questo aspetto ha regalato dieci anni di tranquillità a Varese. Si può anche dire che fosse anche ora che si lasciassero ad altri loro impegni i magistrati. Che per tre volte in tredici anni a Varese hanno indirettamente “fatto” tre nuove giunte comunali.
Oggi è di moda accusare i giudici di intromettersi nelle questioni politiche, ma sappiamo chi sono coloro che di fatto continuano a dare loro opportunità.
Leggi lo speciale I sindaci di Varese
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