Sfratto per la Quiete: trasferimento dei degenti e nuova asta a ottobre

Ci sarà oltre un mese di tempo per il trasferimento in altre strutture in accordo con l'Asl. Per l'acquisto dell'immobile ci sarebbe l'interessamento di un gruppo di Verona. Per i dipendenti si prospetta la mobilità

La quiete

I lavoratori, riuniti davanti al tribunale di Varese, hanno sperato fino all’ultimo che all’asta per la clinica La quiete ci fosse almeno un’offerta per evitare lo sfratto definitivo. Ancora una volta però l’asta è andata deserta. Ora l’ufficiale giudiziario dovrà concordare con l’Asl i tempi per ricollocare in altre strutture i degenti della clinica e poi effettuare lo sgombero delle apparecchiature (l’aspetto più complicato). Si parla almeno di un mese nella migliore delle ipotesi, un tempo che potrebbe risultare prezioso perché nel frattempo il giudice delegato del tribunale di Varese, Miro Santangelo, ha già annunciato una nuova asta a metà ottobre che potrebbe non andare deserta. Il curatore fallimentare, Luisa Marzoli, ha infatti reso noto l’interessamento di un «solido gruppo veronese» operante nel settore sanitario che potrebbe dare continuità all’attività della storica clinica varesina.

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Il destino dei lavoratori – Per i 63 dipendenti della Quiete non si prospetta un futuro facile per due motivi: il loro contratto non prevede ammortizzatori sociali e sono ancora creditori del Gruppo Sant’Alessandro (Gsa) di Frosinone che controlla le due società fornitrici di prestazioni ambulatoriali e ricoveri, La quiete diagnostica srl e La quiete servizi srl, che operavano già in regime di proroga. «Hanno quattro mensilità arretrate più il tfr – spiega Cinzia Bianchi della Funzione Pubblica della Cgil -. In tutto si parla di quasi 2 milioni di euro. Oggi si decideva il loro futuro, ma se le cose stanno così l’unica alternativa sarà la mobilità, sperando di poter attivare la cassa integrazione in deroga».

Una nuova cordata dal Centro Italia – Presenti al tribunale di Varese anche i rappresentanti di un gruppo interessato all’acquisto dei due rami di azienda dal Gsa che però hanno voluto mantenere l’anonimato. La sensazione è che sia qualcosa di più di una semplice ipotesi perché si è parlato di scenario probabile. In pratica se andasse in porto la vendita dell’edificio a un investitore del settore sanitario, loro sarebbero pronti a gestirne l’attività. «Si tratta di far convergere più volontà e non ragionare a compartimenti stagni» hanno detto i due rappresentanti«perché se subentrasse un operatore che non ha interesse all’attività sanitaria, l’immobile stesso perderebbe di valore».

Una ferita aperta per la città – «Se chiude questa clinica – ha concluso il curatore fallimentare  Marzoli – non è solo la fine di una attività economica, ma è il tramonto di una storia che è un tutt’uno con questa città, da oltre un secolo sinonimo di prestigio e servizi di alta qualità. Certo rimane il grande paradosso di quella cifra versata dal Gsa, 980mila euro, per poi non completare l’acquisto della clinica. In tanti anni di attività professionale una cosa del genere non mi era mai capitata».  

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Pubblicato il 25 Luglio 2016
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