Binelli: “Galimberti è il ritorno del consociativismo”

Il capogruppo leghista attacca: c'è un accordo come ai tempi della prima repubblica e chi pone il problema viene emarginato

consiglio comunale varese 2016

Riceviamo e pubblichiamo

Altro che Vienna: è Varese la capitale della Restaurazione.

Tornato dalle vacanze nella capitale austriaca, trovo il Comune di Varese tornato indietro di trent’anni.

Ai tempi d’oro della partitocrazia e della corruzione, Varese era dominata da un accordo palese tra democristiani e socialisti + minori (ve li ricordate PLI, PRI, PSDI, Verdi, Pensionati…?) che si puntellava grazie ad un accordo segreto, ma non troppo, con il Partito Comunista, che fingeva di fare opposizione, ma si accordava per le decisioni più importanti sulla città ed otteneva poltrone nei consigli di amministrazione.

Di fatto, nel regime antecedente la presenza della Lega Nord, non c’era vera opposizione e questo consentì il fiorire di fenomeni di corruzione che portarono Varese al disonore delle cronache di tangentopoli (sindaco, ex sindaco, assessori ai Lavori Pubblici e all’Urbanistica, segretari di partito, capigruppo dell’opposizione comunista finirono in galera).

Con la legge elettorale sull’elezione diretta del sindaco si volle eliminare questo fenomeno chiamato “consociativismo”: i cittadini votavano il sindaco e la legge garantiva un’ampia maggioranza in consiglio, così da portare a termine i propri progetti senza bisogno di accordi sotterranei: la maggioranza governa e chi perde fa opposizione.

A Varese si è innovato: se la legge elettorale impedisce il consociativismo dopo le elezioni, Davide Galimberti lo fa prima delle elezioni e, pur di ottenere il posto di sindaco, prende accordi preelettorali con esponenti di una forza di opposizione (quella democristiana ovviamente, che all’opposizione soffre tanto) la quale, in cambio dell’appoggio elettorale, ottiene vari pagamenti: presidenza del consiglio comunale, presidenza di tutte società partecipate controllate, conferma della presidenza del Molina, assessori poco competenti, ma pronti al dialogo con la Lista Malerba, sui temi chiave (urbanistica e servizi sociali) e chissà quali altri promesse.

Qualcuno nel Partito Democratico osa chiedersi se questo ritorno al consociativismo e la massiccia concessione di posizioni politiche ad una forza di opposizione che non ha condiviso il programma elettorale e rappresenta appena il 7% dei voti, sia proprio necessario.

Allora contro i dubbiosi si scatena una campagna mediatica, in cui non solo i fedelissimi del nuovo sindaco esaltano la politica neoconsociativa di Galimberti descrivendola come apertura alle opposizioni (ignorando che la coalizione che ha sostenuto Paolo Orrigoni ha avuto il 47% dei voti e che il secondo partito di Varese è la Lega Nord, ben più rappresentativa di Malerba & co.), ma addirittura bollano l’iniziativa dei dissidenti del Partito Democratico come “vecchia politica”.

Ma come? Chi rimane perplesso davanti al ritorno di vecchie pratiche politicanti viene etichettato come “esponente della vecchia politica” o peggio ancora “uno che voleva la poltrona”? La cosa più assurda è che i più determinati a sostenere il ritorno alla partitocrazia più becera siano proprio gli eletti nelle liste civiche (Varese 2.0 e Lista Galimberti) che dovrebbero essere i più ostili a queste prassi e invece si scagliano contro chi vuole trasparenza e chiarezza. Evidentemente i proclami di sganciamento dalle logiche partitiche servono solo come propaganda e una volta ottenute posizioni amministrative, si è disposti a qualsiasi compromesso per mantenerle.

Ma questo è occupare il potere, non governare.

Fabio Binelli

capogruppo consiliare lega Nord per l’Indipendenza della Padania

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Pubblicato il 19 Agosto 2016
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