Cecchi: “Sbagliavo a dire che Varese è addormentata”

L'assessore alla cultura e turismo crede che questo settore possa essere una grande opportunità per la città. "La vera ricchezza viene dal paesaggio: un mix tra natura e storia"

La giunta Galimberti

“Ho preso casa qui in centro perché voglio vivere la città”.

L’assessore Roberto Cecchi risponde subito con un sorriso e per nulla contrariato. La domanda era d’obbligo perché suona ancora strano che un personaggio con il suo curriculum possa scegliere Varese.

“Beh, quando l’ho detto a mì figlioli hanno scosso la testa, come a dire che il babbo nun era tanto a posto. La mi’ moglie mi segue e poi lei ha sangue lombardo veneto”.

Roberto Cecchi arriva da Firenze e, seppur non pronunciatissima, si sente la sua anima toscana. Ha girato l’Italia in lungo e in largo per seguire progetti di grande valore. Basti pensare al Colosseo o alla Fenice di Venezia. È uno dei maggiori esperti di protezione e valorizzazione del patrimonio culturale in Italia.

L’ufficio della cultura in via Montanari, malgrado siamo in pieno agosto, è un via vai di gente. L’assessore sta incontrando a gruppi i cittadini che vogliono raccontare le proprie attività.

“Quando nei primi giorni ho detto che Varese è assopita, mi sbagliavo. La presenza di cento associazioni è un indicatore di vitalità ed energia. C’è bisogno di portarlo alla luce. Per questo entro l’autunno vorrei fare un incontro con tutte loro. Vorrei capire queste realtà nella loro complessità e cercare di apprezzare il valore di queste forze”.

L’assessore sviluppa presto una forte empatia e mette a proprio agio l’interlocutore. Ha chiaro il compito assegnato e non si nasconde di fronte alle domande.

Come ha fatto ad arrivare a Varese?
«Mi ha chiamato il sindaco Galimberti. Da quando sono in pensione, e dopo l’esperienza come sottosegretario ai beni culturali con il governo Monti, non ho più accettato incarici pubblici. Mi ero ritirato negli studi e nella scrittura e stavo bene. Poi mi è arrivata una proposta stimolante per un assessorato che tenesse insieme la cultura e il turismo. Ci ho pensato un po’ e poi ho accettato».

Sicuro che non ci sia lo zampino di Renzi…?
«L’ultima volta che ho visto l’attuale Presidente del Consiglio è stato a Firenze nel 2012 per il completamento del restauro della Porta della Mandorla. Allora lui era il sindaco della città».

A proposito di Firenze, c’entra Nardella allora, visto che era stato a Varese proprio con Galimberti per sostenere la sua campagna elettorale?
«Nemmeno lui, e neanche Boeri che so esser stato qui poco dopo».

Cosa è che l’ha convinta allora?
«Vede… in tutti questi anni di lavoro, mi sono sempre chiesto se i beni culturali siano un affare un po’ snob per qualche intellettuale, oppure se possano essere una vera opportunità per il Paese. Ho visto da vicino le cose, con ruoli di prim’ordine in tanti progetti fino alla segreteria generale del ministero, e fino al ruolo più politico come sottosegretario del ministro. Ora, qui a Varese, mi si chiede di tenere insieme i due aspetti e questo è molto interessante».

Anche Varese aveva tenuto nettamente separata la cultura con la promozione turistica. Ora si cambia, ma cosa le fa credere che si possa fare bene?
«Quello che dà vero valore è il paesaggio, ovvero un mix di ambiente naturale e storia. Il tema del paesaggio è un aspetto centrale per la crescita del turismo. In questo, Varese ha delle peculiarità molto interessanti. Si va dal lago alla montagna passando dal Sacro Monte e tanto altro. Ci sono tutti gli elementi perché si costruisca una forte identità. Certo questo richiede tempo e lavoro. Soprattutto per far acquisire la consapevolezza del grande valore che ha il territorio. In questo processo la scuola e la formazione sono fondamentali».

Prima parlava delle associazioni. Non è preoccupato che si torni al fiorire di richieste di contributi piuttosto che a una visione unitaria di progetto?
«Finora nessuno è venuto a chiedere, ma il punto non è quello. Le associazioni  rappresentano un elemento importante perché è il capitale sociale a fare grande un territorio. Avere una tale ricchezza in città è una fortuna e noi dobbiamo farla crescere».

Quanto conta l’organizzazione per il suo lavoro?
«È l’elemento strategico, perché il volontariato può fare tanto, ma poi l’amministrazione deve coordinare e avere chiari gli obiettivi. Per questo credo sia un bene aver da subito posto la questione della riorganizzazione del personale. Vedremo tra un mese, ma sono molto fiducioso per il futuro».

Qual è il suo obiettivo da qui ai prossimi cinque anni?
«Vorrei vedere un Campo dei fiori più valorizzato sia per la parte paesaggistica che quella culturale.  Introdurre elementi di forte innovazione mantenendo però la tradizione di quel luogo”.

L’assessore sorride quando gli chiedo come faccia a pensare di far funzionare la funicolare per Sacro Monte…
«L’altro giorno sono andato con mia moglie ed eravamo solo noi due. È chiaro che va cambiato qualcosa. Ci stiamo lavorando molto sa… Ne riparleremo presto. Intanto sto studiando».

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it

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Pubblicato il 26 Agosto 2016
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