Dac’Corda Quartet, ovvero la musica cucita addosso

Questa sera alle ore 21.15 il gruppo jazz suonerà al Centro formazione musicale dove presenterà il nuovo cd “Boiler” pubblicato dalla Splasc(h) Records di Varese

Splasc(h) Records

Piaccia oppure no, non è un caso che oggi si debba parlare sempre meno di jazz e sempre più di musica dei nostri giorni. Contaminata, imbastardita, cucita addosso al mondo. Claudio Lodati, chitarrista torinese di razza presente venerdì 25 alle ore 21.15 al Centro Formazione Musicale di Barasso (ingresso a euro 15 più 8 euro di tessera se si è al primo concerto del “67 Jazz Club”), non è uomo di troppi complimenti. Suona perché gli piace farlo, sperimenta per trovare un suo linguaggio che, nella storia della musica improvvisata, gli ha permesso di essere originale e riconoscibile. Con lui, a completare il Dac’Corda Quartet, ci sono Nicola Cattaneo alla chitarra e live electronics, Giorgio Muresu al contrabbasso e Toni Boselli alla batteria.

Sul palco per presentare “Boiler”, il loro ultimo cd pubblicato dalla Splasc(h) Records di Varese. Una sintesi di quello che si può fare, oggi, intersecando un’anima moderna con una sensibilità che non è fatta di compromessi ma di conoscenze. Perché per Claudio, «per suonare e creare bisogna vivere». In poche parole, l’umiltà serve tanto quanto la capacità tecnica allo strumento. Che, se proprio vogliamo dettagliare, per Lodati è quasi sempre una chitarra Gibson, misurata nei pedali, bilanciata negli effetti, poco equipaggiata. Anche se in “Boiler” la formazione a due chitarre mette in chiaro, sin da subito, di cosa si tratta: il jazz, anche d’avanguardia (ma senza disturbare l’orecchio) si amalgama al rock, al folk, ad una perspicace piega etnica, ad un romanticismo che non è colloso. E, infine, ad un continuo riverbero di quello che la musica era ed è: una linea tracciata sullo spartito che procede in tutte le direzioni. Per gli amanti dell’archiviazione e dei generi, “Boiler” è una mappa da studiare. Perché c’è il canto popolare di “Fidel” e il mambo mascherato di “Scintille”, il divertimento timbrico di “Cats in Love”, qualcosa del jazz nordico in “Il Vulcano” e l’elettronica lisergica in “David”.

Ma queste sono solo traiettorie che vanno e vengono. Da spostare, cambiare, addirittura cancellare. Poi tutto si raduna in un campo mimetico, come piace a Lodati. Un territorio aperto dove la voce non è quella umana, ma fa tesoro delle tante collaborazioni di Lodati al fianco di alcune fra le vocalist più apprezzate al mondo: dalla scura mediterraneità di Maria Pia De Vito alla teatrale animosità di Pascale Charreton. Una voce applicata alle corde: frenetica, rapida, sempre in movimento. Ma anche capace di concisione e grande melodia. Perché è questo il punto intorno al quale ruota questo quartetto: la melodia. Non è un caso che Lodati, così come aveva detto ad un’intervista rilasciata a “Guitar Club” tempo fa, si porti dentro il canto «come patrimonio della cultura operistica popolare italiana. Puccini in particolare. In fondo, è simpatico poter canticchiare un tema». Ed eccoci a “Boiler”, dove i brani sono canzoni. Legate fra loro dall’inguaribile gioia che dà un viaggio nel futuro.

Davide Ielmin

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Pubblicato il 25 Novembre 2016
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