Ebbene SI

La posizione del direttore Marco Giovannelli sul referendum costituzionale. Le ragioni della scelta per un voto di cambiamento

Referendum costituzionale

Era dai tempi del divorzio e dell’aborto che non si vedeva una campagna elettorale referendaria così combattuta. Ancora pochi giorni e finalmente sapremo se a vincere sarà il SI o il NO.

Intanto è bene ricordare che si vota per approvare o meno la riforma costituzionale. La stessa che tra Camera e Senato è passata al vaglio del Parlamento ben sei volte. La stessa che ha avuto la maggioranza dei voti dei deputati e dei senatori.

Su questa entrambi gli schieramenti, malgrado ciò non fosse obbligatorio, hanno deciso di sottoporre l’approvazione definitiva al voto popolare. Il Comitato per il SI ha raccolto oltre 560.000 firme, mentre quello per il NO si è fermato a 316.000 non raggiungendo la quota prevista dalla legge (500.000).

In questi mesi abbiamo assistito a un crescendo di tensioni che spesso hanno fatto perdere di vista la vera ragione per cui il 4 dicembre si andrà a votare. L’opinione pubblica è stata bombardata di messaggi politici molto forti, a volte apocalittici, che preannunciano ogni tipo di sciagura subito dopo il voto.

Ho riflettuto a lungo prima di decidere cosa votare. Sono intervenuto a numerosi dibattiti, ho ascoltato decine di esponenti politici, ho partecipato a tante occasioni di confronto anche sui social network. Ho letto e riletto articoli e saggi.

Oggi sono convinto della scelta e voterò SI.

È un SI dettato da diverse ragioni.

IL CAMBIAMENTO

Durante la campagna elettorale abbiamo assistito a un paradosso. C’è tanta gente che pensa che sbarrando il NO voterà per il cambiamento. Glielo fa credere il fatto che sia un referendum contro la politica, Renzi e il suo Governo. Non è così qualsiasi sarà il risultato. Sono le elezioni politiche il momento in cui decidere quale esecutivo scegliere.

Inoltre è bene sapere che la vittoria del NO rimetterebbe in gioco tutta una nomenclatura politica del passato che sembrava definitivamente fuori dal gioco. Esponenti politici che vanno dal Pd fino a Fratelli d’Italia. Da D’Alema a La Russa passando da Fini a Cirino Pomicino. Sono loro la vera conservazione di un ceto politico che ha più volte fallito sulle riforme e che vorrebbe rimettere le mani su qualche pezzo di potere.

Il SI è un voto che accoglie la sfida di cambiamento confermando una riforma costituzionale che non tocca alcun principio fondamentale e che ha come effetti la sola riorganizzazione di parti delle istituzioni.

LA DEMOCRAZIA

Chi appoggia il NO, con ragioni diverse tra destre e pezzi di sinistra, continua a insistere sui pericoli per la democrazia e sul fatto che vengano tolti diritti ai cittadini. Niente di più falso e non ci si rende conto che a forza di continuare a insistere su questo punto ci troveremo come nella storia di Pierino e il lupo. Con la riforma non verrà intaccato alcun principio riguardante le scelte dei cittadini. Il cambiamento più grande è quello che riguarderà il Senato grazie all’abolizione del bicameralismo paritario.

Un rischio in realtà lo corriamo, ma è la storia a darci indicazioni in questo senso. Ogni volta che il mondo corre a velocità forsennate, e si trova di fronte a sfide importanti, le istituzioni non possono avere tempi lunghissimi (sono decenni che si discute di riforme senza approvarne) perché le decisioni rischiano di venir prese fuori dai meccanismi democratici. Un esempio perfetto è quello relativo all’economia. Non dare risposte veloci significa perdere occasioni quando va bene, ma in realtà anche subire pressioni e tensioni.

LE AUTONOMIE

La riforma riorganizza le autonomie senza toglierli valore. Due esempi su questo spiegano bene le cose. Regioni e comuni potranno contare di più grazie a propri rappresentanti al Senato. Inoltre, grazie ai costi standard, verranno valorizzate le realtà più virtuose permettendo di stabilire parametri uguali per tutti tagliando così molti sprechi a cui assistiamo da sempre.

Con la riforma l’Italia entrerà ancor più nei processi europei. Ne abbiamo bisogno perché le sfide globali a cui siamo chiamati non permettono di esser affrontate ognuno per sé.

IL CLIMA POLITICO

Un paese che continua a dire NO non ha futuro. È sempre ripiegato in difesa di qualcosa, senza avere il coraggio di pensare che si possa costruire un mondo migliore senza per questo pensare che tutto debba passare da una logica di resistenza al cambiamento.

Lasciare le cose come stanno favorisce sempre le rendite di posizione. Garantisce chi i diritti li ha già, ma non per questo ne allarga i confini. Il problema del nostro paese è non credere più nelle proprie possibilità e al tempo stesso assistere a una crescente disuguaglianza.

La vittoria del SI può aprire un processo di rinnovamento. Quella del NO potrebbe trascinarci in una fase di grande instabilità politica che avrebbe effetti pericolosi senza per altro risolvere alcuna questione.

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it

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Pubblicato il 28 Novembre 2016
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Commenti

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  1. Avatar
    Scritto da davide_rossoni

    Grazie per il suo editoriale, condivido il suo punto di vista.
    Aggiungo solo che:
    -a chi pensasse che un “no” riporterebbe a legiferare per una riforma migliore, ricordo che l’improbabile evento potrebbe forse portare effetto solo nel 2023 (!!!!).
    -a chi pensasse che la Lombardia perderebbe quel poco di autonomia faticosamente conquistata, invito a riflettere sull’assurdità di avere politiche federaliste su argomenti nazionali come energia, turismo o viabilità (leggi Basilicata che blocca la TAV da 6 anni, o l’ufficio per il turismo calabro a Bruxelles ).

    ……poi, anche se i toni si sono alzati, mai come questa volta abbiamo l’opportunità di esser cittadini “civicamente attivi” (invece dei soliti disfattisti, fatalisti ed un po’ menefreghisti)
    cordialmente
    d

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    Scritto da dbrus

    Se non sono tolti diritti ai cittadini, come spiega che il Senato sarà eletto dai Consigli Regionali (art.57) e, solo in base a un progetto di legge ordinaria, sarà dato ai cittadini al massimo la facoltà di indicare chi vogliono candidare al ruolo di Senatore? (peraltro la candidatura è di per sé non vincolante). Non è questa forse una riduzione della sovranità popolare? Non scollega ulteriormente i cittadini dalle istituzioni (e dal legislatore), come avviene già con la legge elettorale c.d. Italicum? Secondo lei la soluzione è rendere costituzionale quello che oggigiorno è un difetto di costituzionalità dell’attuale legge elettorale?

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    Scritto da Focacola

    Le tue ragioni del Sì, caro Giovannelli, secondo me hanno poco a che fare con la “ragione”. Riguardano piuttosto la tua “fede” politica. Tu parli di CAMBIAMENTO dicendo che la vittoria del Sì metterebbe fuori gioco la vecchia nomenclatura politica. Dimentichi però che Renzi è “di nascita” (e di ascendenza) democristiana. Non a caso la maggior parte dei suoi provvedimenti di governo favoriscono gli interessi della vecchia élite di potere, cioè di quel conglomerato d’interessi economici e finanziari che, da sempre, comanda in Italia. Tu parli pure di DEMOCRAZIA affermando che la riforma costituzionale non toglierà diritti ai cittadini. Come puoi dire una cosa del genere?!? La riforma toglierà ai cittadini il diritto di votare i propri rappresentanti al Senato e sostituirà 300 senatori eletti democraticamente con 100 senatori raccomandati dai Partiti. E le AUTONOMIE? Non è forse vero che la riforma toglierà potere alle Regioni accentrando a Roma molte decisioni che, attualmente, sono prese a livello locale? Il tuo ragionamento sul CLIMA POLITICO, lasciatelo dire, è davvero incauto. A te piace il cambiamento “a prescindere”. Distruggono un edificio bello e solido per rimpiazzarlo con una catapecchia e tu sei contento e soddisfatto perché, così facendo, c’è stato un cambiamento. CAMBIAMENTO… che parola magica! Peccato che si tratti di cambiamento in peggio.

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    Scritto da Focacola

    Caro Giovannelli, tu parli di CAMBIAMENTO dicendo che la vittoria del Sì metterebbe fuori gioco la vecchia nomenclatura politica. Dimentichi però che Renzi è “di nascita” (e di ascendenza) democristiana. Non a caso la gran parte dei suoi provvedimenti di governo favorisce gli interessi della vecchia élite di potere, cioè di quel conglomerato d’interessi economici e finanziari che, da sempre, comanda in Italia.

  5. Avatar
    Scritto da lenny54

    Per focacola: quanta falsa informazione viene riportata in questo commento: non si toglie autonomia alle regioni, ma si chiariscono quali sono le competenze evitando cosi’ gli innumerevoli ricorsi alla corte costituzionale. Quanto ai poteri forti ricordo che il governo ha legiferato sull’obbligo per alcune banche popolari di convertirsi in azionariati e non restare proprieta’ di una ristretta casta di banchieri. Ma non c’e’ niente di peggio di chi non sa leggere ed emette sommari giudizi da bar sport. Ricordo che con questo voto non si potranno piu’ dare colpe ai politici: siamo chiamati a decidere se tenere l’Italia cosi’ o cercare di cambiarla—

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