‘Ndrangheta: 41 arresti in tutta Italia, tre anche a Gallarate

In manette gli appartenenti alle cosche Ferrentino-Chindamo e Lamari. Gestivano un ingente traffico di droga e diverse imprese edili tra la Calabria e la Lombardia

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Oltre a controllare il loro territorio di origine (Laureana di Borrello)si erano spinti fino in Lombardia, a Roma e in Sardegna. Gli uomini del clan Ferrentino-Chindamo erano ovunque e gestivano un ingente traffico di droga dall’India e dalla Colombia oltre a svariate imprese edili sia in Calabria che in Lombardia e alcune imprese di import-export a copertura degli ingenti traffici di cocaina.

Alle prime luci dell’alba di oggi, nelle province di Reggio Calabria, Roma, Milano, Vibo Valentia, Pavia, Varese, Como, Monza-Brianza e Cagliari, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, hanno impegnato 300 militari in tutta Italia per dare esecuzione al provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, nei confronti di 41 indagati (36 in carcere e 5 agli arresti domiciliari), componenti della Locale di Laureana di Borrello – formata dalle famiglie “Ferrentino-Chindamo” e “Lamari” – operante nell’omonimo comune e in quelli limitrofi.

Sono accusati a vario titolo di concorso esterno in associazione mafiosa, porto e detenzione di armi comuni da sparo, importazione e cessione di cocaina, estorsione, lesioni personali gravi, frode sportiva, intestazione fittizia di beni, incendio, danneggiamento, violenza privata, con l’aggravante, per tutti i delitti, dell’agevolazione delle attività dell’associazione mafiosa.

In provincia di Varese è finito in manette Alessio Ferrentino, classe 1984, arrestato a Gallarate come Isabella Salvo, classe ’69 e Giorgia Ferrari del ’95. Ferrentino era uno degli uomini più vicini al capocosca Marco Ferrentino: detto ‘u stuccaru’ deteneva un garage a Laureana di Borrello nel quale oltre a vendere pesce stocco (da qui il soprannome) nascondeva le partite di cocaina del clan ma si occupava anche di estorsioni e danneggiamenti per conto dell’organizzazione. Isabella Salvo e Giorgia Ferrari, invece, sono accusate di traffico di stupefacenti ed erano il terminale gallaratese che si occupava di rivendere la droga agli spacciatori del territorio.

L’indagine trae origine da una serie di episodi criminosi, registrati sul territorio della municipalità di Laureana di Borrello (RC) e zone limitrofe a partire dal mese di giugno del 2014, sintomatici dell’operatività di un sodalizio criminale attivo in quell’area ed in grado di esercitare un controllo di tipo mafioso sull’intera comunità. Di qui l’avvio della complessa attività d’indagine, svolta dai militari della Compagnia di Gioia Tauro sotto il costante coordinamento della Procura Distrettuale Antimafia, sviluppata secondo metodologie di tipo tradizionale e attraverso una rilevante mole di attività tecnica, che si è giovata anche delle propalazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia.

In particolare, è stata acclarata l’appartenenza di molti degli odierni fermati, anche con ruoli di vertice, alle cosche “Ferrentino-Chindamo” e “Lamari” quali articolazioni autonome, talvolta alleate e talvolta in aperta conflittualità, dell’associazione per delinquere di tipo ‘ndranghetistico nota come “Locale di Laureana di Borrello” del Mandamento Tirrenico con ramificazioni in tutta la provincia ed in altre province del Nord Italia come Milano, Varese, Pavia e Como. Uno dei componenti è stato arrestato in provincia di Varese

Nel corso delle indagini è stato quindi possibile ricostruire le modalità con le quali la cosca riusciva a controllare e a sfruttare le risorse economiche della zona con le armi, gestendo imprese, trafficando sostanze stupefacenti. Anche le istituzioni comunali erano permeate dall’attività criminale e, in particolare, le condotte di alcuni componenti dell’amministrazione hanno favorito l’aggiudicazione di appalti pubblici in favore delle aziende mafiose di riferimento della cosca. Emblematica la posizione dell’assessore ai lavori pubblici del Comune di Laureana di Borrello, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, perché – pur non facendo parte stabilmente della Locale in argomento – forniva un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo alla ‘ndrina come referente politico del sodalizio.

Numerosi poi sono stati gli atti intimidatori, i danneggiamenti, gli incendi e le estorsioni riconducibili al clan.In una circostanza, hanno picchiato un collaboratore scolastico per il solo fatto di aver rimproverato un “rampollo” minorenne riconducibile alla ‘ndrina . In un altro caso, invece, un imprenditore, risultato poi essere vicino alla Cosca rivale dei Lamari, è stato sequestrato per alcune ore da appartenenti alla cosca Ferrentino per costringerlo a continuare la gestione fittizia di un’impresa edile a Voghera, in nome e per conto del sodalizio.

È stato, inoltre, documentato come la principale fonte di guadagno della cosca fosse rappresentata dal traffico internazionale di sostanze stupefacenti avente, quale canale di approvvigionamento, le tratte che dall’India e dalla Colombia portano al Porto di Gioia Tauro dove, con le compiacenze di soggetti vicini alle cosche operanti in quello scalo, venivano fatti passare, ben occultati in cargo contenenti riso, ingenti quantitativi di droga. Il tutto grazie alla copertura di un società, la ditta di import-export “United Seed’s Keepers” s.r.l. con sede a Milano e Roma, interamente controllata da imprenditori prestanome della consorteria mafiosa.

Diverse, peraltro, sono state le ipotesi di intestazione fittizia riscontrate con riferimento a numerose attività commerciali, tra le quali spiccano ben 2 imprese edili ed una società, attiva nel Porto di Gioia Tauro, di import/export, e di alcuni immobili in Lombardia, nonché l’infiltrazione della famiglia Lamari nella gestione della “Polisportiva Laureanese”, squadra di calcio del campionato di Promozione, girone “B”, con episodi di “combine” dei risultati di almeno due incontri di calcio mediante minacce aggravate dalla metodologia mafiosa. A Laureana di Borrello l’autonomia imprenditoriale era azzerata non esistendo settore economico, e non, che non incontrasse “l’interesse” delle ‘ndrine.

L’attività ha permesso nel tempo di procedere già all’arresto di 5 persone, al sequestro di oltre 2 kg di sostanza stupefacente del tipo marijuana nonché 3 pistole, 1 fucile, centinaia di munizioni di vario calibro e quasi 2 kg di polvere da sparo. Sono stati messi i sigilli anche a diverse imprese edili in Calabria e a Voghera (dove il clan era particolarmente attivo) e ad un’impresa di import-export. Beni mobili e immobili per un valore stimato di 30 milioni di euro.

Il  Tenente Colonnello Vincenzo Franzese, a capo del reparto operativo di Reggio Calabria, evidenzia: “Il fatto che su 40 persone la metà sia stata fermata fuori dal territorio calabrese è sintomatico di come le cosche di ‘ndrangheta riescano ad agire concretamente nel resto di Italia, specie al Nord. Il provvedimento di urgenza è stato necessario per la disponibilità consistente dal punto di vista economico oltre che una accentuata mobilità, sia sul territorio nazionale che all’estero”.

Così il procuratore Federico Cafiero De Raho: “L’operazione odierna evidenzia come la ndrangheta costantemente eserciti una signoria assoluta su tutto, sia in Calabria che nel resto del territorio italiano. Questo provvedimento andrebbe fatto leggere nelle scuole”.

Orlando Mastrillo
orlando.mastrillo@varesenews.it

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Pubblicato il 03 Novembre 2016
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