Umiltà e amore per la scienza: la grande lezione di Umberto Veronesi
Il ricordo del chirurgo Valentina Lazzati che per due anni ha lavorato con il grande oncologo allo Ieo di Milano
«Era un uomo di grande umiltà che amava profondamente la scienza e il suo lavoro». Con queste parole Valentina Lazzati, chirurgo plastico, ricorda Umberto Veronesi, scomparso pochi giorni fa. Per due anni, dal 2007 al 2009, ha lavorato con il famoso oncologo allo Ieo di Milano (Istituto europeo di oncologia) di cui Veronesi era direttore scientifico. Sulla home page del sito dell’istituto compare una scritta: “Grazie professore da tutte le donne e gli uomini dello Ieo“.
Metodo e considerazione per il paziente – «Era un medico rigoroso – racconta Valentina Lazzati – che credeva nel sapere scientifico. Era stato un grande innovatore nella tecnica chirurgica e nella diagnostica del tumore al seno. Ai giovani medici insegnava prima di tutto a considerare i pazienti nella loro unicità. La cura non finiva in sala operatoria, ma continuava anche negli aspetti quotidiani e nello stile di vita delle persone, a partire dall’alimentazione. C’era però un aspetto che curava più di tutti gli altri: l’empatia con il paziente. Spesso lo si vedeva seduto sul letto di una persona appena operata a parlare come farebbe un famigliare, un amico. E questo lo rendeva unico perché al centro metteva sempre il rispetto della persona, la considerazione per il dolore che era poi una delle ragioni che lo avevano spinto a fare il medico. Era un esempio per tutti».
L’amore per i libri e la cultura – Nel 2013 Umberto Veronesi fu ospite al Premio Chiara con il filosofo Giovanni Reale e insieme discussero sul tema della responsabilità della vita. «Quando non era in sala operatoria o impegnato in colloqui con i pazienti – continua Lazzati – lo trovavi immerso nella lettura. Veronesi aveva una vera e propria biblioteca dove si trovavano moltissimi testi di ogni tipo. Era un uomo carismatico che amava coinvolgere le persone in un modo intelligente perché credeva nella formazione, nella conoscenza e nel metodo scientifico. Ricordo che spesso era proprio lui a segnalarmi l’ultimo articolo letto su una rivista scientifica per alimentare un confronto sulle tecniche chirurgiche, le cure e le nuove frontiere della ricerca. Il suo atteggiamento era laico, nel senso più autentico del termine, ma conosceva in modo profondo le religioni. Non faceva mai sfoggio del suo sapere, parlava con semplicità e con quella chiarezza e umiltà che solo i grandi pensatori sanno avere».
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