Merletti: «L’Italia è una canzone degli anni ’60. Ci vorrebbe il rock pesante»

Il presidente nazionale di Confartigianato, Giorgio Merletti, fresco di rielezione, parla a ruota libera dell’Italia, degli Stati Uniti e del mondo. E anche un po’ della nostra provincia

Il numero uno di Confartigianato mira dritto all’obiettivo: «Giro l’Italia e le imprese sono preoccupate. Burocrazia, credito, semplificazione: queste sono le solite cose. Bisogna risolverle, vero, ma come se si entrasse in campo: centrocampo, difesa e attacco. Tutti insieme, trovando una strategia comune. Parlarne non basta: è come se mi sintonizzassi su Radio Italia per ascoltare le canzoni degli anni Sessanta. È venuto il momento di pestare sulle tastiere e di passare al rock pesante».

Gioca d’attacco, Giorgio Merletti, e va di punta nella sua prima intervista lombarda rilasciata nella sede provinciale di Confartigianato Varese. La prima dopo l’esito del Referendum sulla Costituzione e dopo la sua rielezione a presidente di Confartigianato Imprese che lo vedrà al timone della maggiore Confederazione italiana dell’artigianato e delle piccole imprese ancora per quattro anni, dal 2016 al 2020.

Pensare a Confartigianato come ad una pedina sullo scacchiere internazionale può sembrare difficile, e invece «i problemi esterni diventano anche interni – incalza Merletti. Pensiamo alla gestione dei flussi migratori, al rapporto con l’Europa con quel Matteo Renzi che lì ha fatto bene a puntare i piedi, all’occupazione che va giù e quel Jobs Act che è stato solo un sedativo per l’economia: l’imprenditore assume se ne ha bisogno, non se una risorsa costa meno».

Ama le similitudini, il presidente, e sa quanto i piccoli imprenditori «ne hanno le tasche piene: purtroppo solo di problemi. La politica non si interfaccia più con la comunità ma delle piccole imprese se ne ricorda, eccome, quando c’è da votare. Confartigianato, invece, non salta sul carro di nessuno: i nostri imprenditori lavorano perché ci mettono del loro, non perché aspettano gli incentivi del governo». La ripresina, di cui i media parlano a volte con toni entusiastici, c’è e non c’è: «Diciamo che le imprese hanno smesso di imbiancare i muri. Con questo voglio dire che il lavoro sta avanzando, lentamente ma viene avanti. Però, caspita, lo dovrebbe capire anche la politica del territorio: i piccoli imprenditori lavorano e danno da lavorare. Ma se tu mi porti Renzi solo nelle altre aziende, che idea dai dell’imprenditoria italiana?».

È per questo che il programma 2016-2020 di Giorgio Merletti parte da quei temi che fanno la differenza nella vita delle imprese. La digitalizzazione, per esempio, «nella quale Confartigianato Varese, con il suo Faberlab, è riconosciuta a livello nazionale. Ma dobbiamo insistere e lavorare sui territori, andare oltre la dimensione nazionale, regionale o provinciale perché produrre nelle valli del luinese non è come produrre a Gallarate. Dobbiamo portare le imprese in rete, ma ai governi che verranno dico: le imprese devono produrre in Italia. Devono ritornare qui».

Perché la Confartigianato, nelle parole del presidente, «si apre al mondo, cerca di tenere insieme locale e globale, si misura con i territori e guarda a quello che succede intorno a lei». Tanto per intenderci, l’artigianato 4.0 che si trova in un particolare momento politico e sociale: «Ci attendono diciotto mesi molto impegnativi – afferma  Merletti – con tante questioni calde: l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca e le sue posizioni sul Patto Transatlantico tra Europa e Stati Uniti (bloccarlo sarebbe un errore), il rapporto del mondo con la Cina (alla fine di quest’anno, le potenze mondiali del Wto dovranno decidere se l’Impero Celeste è automaticamente diventato economia di mercato), l’anno prossimo vanno a elezioni la Germania e la Francia (i populisti stanno affilando gli artigli). Abbiamo di che pensare».

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Pubblicato il 06 Dicembre 2016
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