Di corsa tra le dune del deserto: “L’ho fatto per amore di mio figlio”

Roberto Andreoli, dirigente della Microsoft, ha fatto 106 chilometri in Namibia per raccogliere fondi da donare alla ricerca di una cura dei tumori infantili. E ci è riuscito. Ora è pronto a raccontare la sua sfida e iniziarne un'altra

#run106Pietro

Solo chi ama correre conosce il valore terapeutico di questa disciplina. Sì perché la corsa è rigore, fatica, sacrificio ma ogni volte che si spinge il confine un po’ più in là, si diventa più forti. Lo sa bene Roberto Andreoli che grazie alla corsa ha ritrovato l’energia per cominciare la sua seconda vita. 

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Era il 16 febbraio 2010 quando suo figlio Pietro di appena sei anni è morto per una malformazione al cervelletto. La famiglia, gli altri figli tutto serve per cercare di tornare a vivere, ma arriva il momento in cui devi trovare un senso a tutto il dolore. E Roberto l’ha trovato: recuperare i fondi per aiutare altri bambini colpiti da questa malattia. In che modo? Avviando un progetto che si sostiene grazie alla “forza delle sue gambe”: correndo si parla di lui, di Pietro e soprattutto del neuroblastoma.

“Pietro ha lottato fino alla fine, ma ha perso la sua battaglia – racconta Roberto – io volevo dimostrare a lui, a mia moglie e ai fratellini di Pietro di essere capace di lottare e di vincere”. E la sfida che ha scelto non è cosa da poco: correre nel deserto per cento chilometri e salire sulla duna più alta del mondo nel Sossusvlei. Cinque tappe in Namibia sotto il sole del deserto con il termometro che ha toccato anche i 61 gradi:  la prima di 15 km, la seconda di 21, la terza una maratona di 42 km e la quarta 26 km con arrivo alla duna.

“Centoquattro chilometri che io ho trasformato in 106 per arrivare ai sei anni di Pietro”. Gli ultimi due chilometri, quelli in più, gli altri partecipanti alla “100 km of Namib Desert” li hanno fatti con Roberto, tenendosi per mano.

Obiettivo raggiunto. Sia la sfida sportiva sia quella economica: “Mi ero prefissato di raggiungere i 21 mila euro, ma ne ho raccolti di più – spiega Roberto Andreoli, che vive a Vimercate ed è dirigente della Microsoft – I soldi verranno donati alla “UNA Onlus”  l’associazione genitori oncologia pediatrica che lotta contro il Neuroblastoma e sostiene il progetto del dottor Roberto Luksch dell’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori di Milano” .

Ma Roberto Andreoli non è ancora soddisfatto e intende proseguire nella sua raccolta fondi con una nuova competizione: “Sarà una sfida più lunga e se possibile impegnativa -spiega- 160 chilometri che voglio provare a fare in totale autonomia. La sto ancora organizzando ma credo si possa fare.
Quel che ora mi preme di più, però, è poter raccontare la mia esperienza. Vorrei organizzare incontri con runner ma non solo: correre nel deserto è un’esperienza unica, ti cambia la vita. Voglio provare a spiegare che tutti noi possiamo fare molto se lo vogliamo, cambiare il corso della nostra storia. Con impegno e determinazione, nulla è impossibile e niente ci deve abbattere”.

Lui l’ha fatto: sempre con il pensiero e il cuore a Pietro e ai bambini che possono essere salvati grazie alla ricerca.

(Tutti gli aggiornamenti nel blog di Roberto Ascolto il silenzio  e con l’hashtag #run106pietro)

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Pubblicato il 25 Gennaio 2017
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