Due su due, Rescaldina fa rivivere anche la villa del boss Di Giovine

Dopo il successo dell'osteria sociale La tela, ristorante confiscato alla mafia, partono i lavori per creare una residenza psichiatrica leggera in un'immobile confiscato all'ex-capo clan della 'ndrangheta anni '90

villetta confiscata 'ndrangheta via melzi rescaldina

Rescaldina punta ad un nuovo record in tema di riutilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Potrebbe essere il primo comune ad aver reimpiegato il 100% dei beni confiscati sul proprio territorio. Qualcuno potrebbe dire che è stato facile, visto che i beni in questione sono solo due, ma sarebbe troppo riduttivo ragionare solo sui numeri.

Dopo l’avvio dell’osteria sociale La Tela sulla Saronnese, che ha preso il posto del ristorante Re Nove gestito dalla famiglia di ‘ndrangheta dei Medici, il 25 gennaio prenderanno il via i lavori alla villetta di via Melzi. L’immobile diventerà una residenza psichiatrica leggera che sarà gestita dalla cooperativa Il Portico Persona di Rho.

Il sindaco Michele Cattaneo racconta la storia di questo edificio: «La villetta è stata confiscata a Emilio Di Giovine, il boss del clan di ‘ndrangheta Di Giovine-Serraino(oggi pentito), leader indiscusso di piazza Prealpi che negli anni ’80 e ’90 era una fiorente piazza di spaccio a Milano».

Di Giovine era considerato uno degli uomini più potenti dell’organizzazione calabrese, capace di internazionalizzare e differenziare i canali di riciclaggio del danaro sporco e di muovere tonnellate di hashish ed eroina. Nel 1991 fu protagonista di una spettacolare evasione dall’ospedale Fatebenefratelli di Milano con un commando di suoi uomini che lo portarono fuori mitra in pugno. Dal 2007, innumerevoli condanne e una vita passata a tenere i segreti della cosca (già minata dal pentimento della sorella Margherita, ndr) decise di pentirsi.

La villa, probabilmente provento di usura nei confronti di un imprenditore della zona, ora è stata consegnata al Comune dall’Agenzia nazionale dei beni confiscati alla mafia ed è partito il progetto per la realizzazione di questa residenza «che – sottolinea il sindaco – va a colmare un vuoto importante nella nostra comunità: il vuoto di quella certa indifferenza che spesso caratterizza la malattia psichiatrica. La residenzialità infatti significa anche progettualità, autonomia e inclusione».

Grazie a questa residenza le persone con problemi psichiatrici potranno reinserirsi attraverso l’insegnamento – da parte del personale della cooperativa – della gestione della casa e la convivenza con altre persone acquisendo sicurezza e autonomia. Il progetto è stato realizzato dalla cooperativa, dall’Asst Milano Ovest e dal Comune di Rescaldina. Col tempo coinvolgerà anche le realtà che si occupano di disagio psichico e lagalità.

Orlando Mastrillo
orlando.mastrillo@varesenews.it

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Pubblicato il 23 Gennaio 2017
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