“Aiutiamo i nostri ragazzi a ritrovare amore e passione per la loro lingua”

Lettera di Peggy Berthier, coordinatrice e insegnante della Scuola Superiore per Mediatori Linguistici, dopo l'articolo dei docenti universitari sugli studenti che non conoscono l'italiano

Liceo Curie in scambio con il Portogallo

Lettera di Peggy Berthier, coordinatrice e insegnante della Scuola Superiore per Mediatori Linguistici,  dopo l’articolo dei docenti universitari sugli studenti che non conoscono l’italiano:

Carissimo Direttore,

le scrivo per esprimere un mio commento riguardo l’articolo I docenti universitari denunciano: “Gli studenti non sanno l’italiano” apparso su VareseNews il 5 febbraio a seguito dell’articolo “Gli studenti non sanno l’italiano” La denuncia di 600 prof. universitari pubblicato dal Corriere della Sera il giorno prima.

Questo mio intervento può sembrare alquanto strano dal momento che non sono di madrelingua italiana. Mi sono trasferita in Italia vent’anni fa proprio per amore della vostra cultura e della vostra lingua, volendo imparare l’italiano come un’italiana “vera”. Ed è proprio con questo spirito che oggi sono dispiaciuta nel vedere come questa meravigliosa lingua si stia impoverendo nella vita di tutti i giorni.

In quanto insegnante ed educatrice, ammetto con rammarico che questo brutto flagello ha colpito anche i nostri studenti. E, in fondo, non credo sia del tutto colpa loro. Forse, sono vittime della nuova era tecnologica e del modo “innovativo” di insegnare alle scuole superiori. Della tendenza a non leggere più. Del fatto che sono figli di persone che, a loro volta, non sanno più nemmeno loro essere parte della soluzione, e non del problema. Del fatto che si “monetizza” la cultura, tagliando spese laddove non si dovrebbe, ovvero sulla conoscenza. Investire sul futuro è sacro, e il prezzo da pagare per questi “risparmi” sarà decisamente alto.

Purtroppo, nell’ambito delle lingue straniere, si parte dal presupposto che, se uno non conosce bene la propria lingua di origine (quella “madre”), allora non potrà certo eccellere nemmeno in quella straniera. Se, come ho letto in un articolo, cultura e lingua sono entità inseparabili, forse allora i giovani non sentono più il senso di appartenenza alla propria cultura. Se la lingua italiana è sia il passato che il futuro degli italiani, ma allora dove andremo a finire?

E allora, aiutiamo i nostri ragazzi a ritrovare amore e passione per la loro lingua. Iniziando da noi genitori (io ho un quattordicenne in casa da preparare alla “vita”…), indirizzandoli verso solidi punti di riferimento esterni e abituandoli a “fidarsi” dei consigli (a volte, scomodi) dei loro insegnanti.

Noi, nel nostro piccolo, lo facciamo da tempo. Sottoponiamo le nostre matricole a un test di livello durante la loro prima lezione di linguistica italiana. Ormai da 3 anni, offriamo lezioni di laboratorio di grammatica condotte da tutor (i nostri studenti più meritevoli e pazienti…) per far fronte a questo problema molto diffuso. E per intervenire sin dall’inizio del loro percorso di laurea triennale. Credetemi, non godiamo di popolarità per questo (in fondo, siamo pur sempre di fronte a “tardo adolescenti”!) ma alla fine, quello che emerge è il loro disagio, la loro vergogna quando capiscono di non conoscere la propria lingua. La consapevolezza che ci siano delle lacune, la loro rabbia perché si sentono presi in giro dal sistema scolastico che li ha illusi di essere in grado di padroneggiare la cosa più sacra, cioè la loro lingua. Credo si debba costruire la fiducia nei più piccoli e spronare quelli più maturi nel riacquisirla. Non è mai né troppo presto né troppo tardi per imparare a volersi bene, ad amarsi. Curando la nostra lingua, cureremo noi stessi.

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