Al mare, sulla neve o in grotta: si chiama Soccorso Alpino

Dopo l’ultimo report pubblicato pochi giorni fa sulle attività del CNSAS, ecco come sta cambiando il lavoro di questa componente di soccorso in ambienti ostili

Le attività del Soccorso Alpino

Si chiama Soccorso Alpino, ma puoi trovare operatori che appartengono a questa famiglia importante del pianeta sicurezza anche sul mare, nel bel mezzo delle ricerche nella stiva di una nave, o nei cunicoli improvvisati di case crollate per la furia di un terremoto.

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Scenari ben diversi dall’iconografia classica fatta di sci, racchette, e doppia corda che vien fuori quando si pensa agli interventi del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, CNSAS in una sigla.
Li racconta, questi scenari, fresco di “report” dell’attività 2016, Luca Boldrini, responsabile della stazione di Varese, una delle sette che compongono la XIX Delegazione Lariana.

Un territorio ampio che comprende numerose realtà: Varese, Lario Occidentale, Triangolo lariano, Dongo, Lecco, Valsassina/Valvarrone e Pavia. Dalle Alpi al piano, con in mezzo fiumi, Prealpi e grandi laghi.

«Negli ultimi anni anche il Soccorso Alpino che, è bene ricordarlo, è struttura operativa del soccorso nazionale di Protezione civile, viene chiamato con frequenza ad operare in scenari molto diversi gli uni dagli altri, basti pensare alle attività legate alle ricerche e ai soccorsi durante gli eventi calamitosi de terremoti o in numerosi altri contesti», spiega Boldrini.

«Commentando i dati relativi alle nostre attività nel corso del 2016 confermo la diminuzione degli interventi dovuti prevalentemente a due fattori: brutte primavere e inverni con poca neve, e grande scarsità di funghi. Quest’ultimo un elemento che ha portato molte meno persone in montagna e quindi una conseguente diminuzione degli interventi».


Ma la guardia non è mai troppo alta in un’attività che ha anche vedere con richieste di soccorso, sciagure imprevedibili che fanno affidamento su minuti contati e alto profilo tecnico.

«Si è così. Quest’anno, per esempio abbiamo dovuto affrontare un intervento molto impegnativo, quando a novembre cadde l’elicottero sulle alture della Valceresio. Questo è il classico esempio difficile non tanto dal punto di vista tecnico, quanto logistico, con un aeromobile non nazionale, il coinvolgimento di enti stranieri e il conseguente lavoro di coordinamento».
Il CNSAS varesino ha una struttura flessibile e molto ramificata sul territorio.

In tutto è composta di 23 uomini (si chiamano “tecnici”) e due veicoli, uno dislocato a Luino e un altro a Varese.

«Ogni domenica, c’è un tecnico reperibile e schierato sul territorio direttamente col mezzo – spiega Boldrini – . In caso di chiamata il primo a muoversi è lui, a cui si aggiungono gli altri che raggiungono il punto d’intervento».

Per armonizzare il tutto è stata predisposta una “app” che permette di avere sotto controllo tutte le informazioni legate a questa prima fase.
«Forse la novità rispetto alle attività degli anni scorsi consiste nella grande capacità di intervento anche fuori dalla zona in caso di richieste specifiche su scenari particolari».

Le attività del Soccorso Alpino

Se si perde una persona in montagna e ci sono uomini disponibili, insomma, si parte e si incominciano le ricerche. Ma se c’è un disperso in grotta, e occorrono molti tecnici speleo, parte l’attivazione che consente rapidamente di avere uomini in arrivo da fuori zona. lo stesso vale per i varesini chiamati, per esempio, ad operare recentemente  sullo scenario dell’albergo Rigopiano.

«Il personale del Soccorso Alpino è composto di due grandi famiglie: gli “alpini”, e gli “speleo”, quelli che intervengono in grotta. Negli alpini le specializzazioni sono: unità cinofile di superficie e di valanga, tecnici di ricerca (cartografia, gps, ricerca), e forra, (ora anche interventi in parete). Pr quanto riguarda gli speleo, invece, le specializzazioni sono: speleosub, e forra».

Quindi di fronte a scenari come le ricerche nella pancia della Costa Concordia, non era per nulla inusuale trovare in mezzo al mare, o quasi, personale la cui specializzazione del soccorso rientra nella grande famiglia del Soccorso alpino.

Varese ha una buona tradizione legata agli speleo, con contatti e attività che spesso si spingono fuori dalla nostra provincia.
Si tratta di uomini molto preparati fisicamente e tecnicamente, abituati a lavorare in condizioni estreme, esposti agli elementi. Il tutto…nonostante l’età.

«Proprio così – conclude Boldrini, ingegnere, classe 1966 – . A febbraio compio 51 anni, ma ai miei lo dico sempre: restiamo sempre ragazzi».

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 04 Febbraio 2017
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