Due varesini firmano un’impresa memorabile sul Cerro Murallon
I "Ragni" Della Bordella e Bacci, insieme a Bernasconi hanno aperto una via sulla Parete Est della inospitale e isolata montagna della Patagonia
«Una enorme impresa alpinistica, una conquista che ha da subito un posto nella storia». Le parole, emozionate e convinte, sono quelle di Fabio Palma, il presidente dei celebri Ragni di Lecco che racconta in questi termini la conquista della vetta del Cerro Murallon attraverso la salita della Parete Est. Una “prima assoluta” portata a termine nei giorni scorsi da tre alpinisti del club lecchese, due dei quali varesini: Matteo Della Bordella e David Bacci, insieme a Matteo Bernasconi.
LA MONTAGNA
La Parete Est del Murallon era da anni nel mirino del mondo alpinistico internazionale. Si tratta di un muro enorme, di circa 1.000 metri, che già in passato aveva respinto chi aveva provato a conquistarla. Il Cerro Murallon è una montagna della Patagonia, a cavallo tra Cile e Argentina, su cui i Ragni hanno già fatto la storia: fu proprio una loro spedizione a conquistare per la prima volta la vetta (a quota 2.656) nel 1984. Allora furono Carlo Aldè, Casimiro Ferrari e Paolo Vitali a piantare sulla cima la bandiera italiana; 33 anni dopo è toccato alla cordata di Della Bordella.
LA SCHEDA – Chi è Matteo Della Bordella
LA CONQUISTA DELLA EST
Per aprire la nuova via sulla Parete Est i tre alpinisti lombardi hanno dovuto attendere a lungo. Il Murallon è infatti una montagna costantemente vessata dal maltempo ed estremamente isolata, come spiega lo stesso Palma: «Praticamente è impossibile incontrare qualche altra cordata. Dimentichiamoci le Alpi quando parliamo di quelle zone: la parete è lontanissima da qualsiasi centro abitato, così Matteo, David e Matteo hanno usato come campo base un piccolo rifugio abbandonato, poco più di una baracca, che si trova a due giorni di cammino dall’attacco della via. I nostri alpinisti, per tutto il mese precedente alla salita, non hanno praticamente mai visto la montagna a causa di bufere e nubi che la nascondevano. Poi il cielo si è aperto e sono partiti nell’unica finestra di sereno ma nel tempo che hanno guadagnato la vetta è tornato il maltempo. Così sono dovuti scendere per un’altra via: per tornare alla tendina che fungeva da campo avanzato ci hanno messo 14 ore. Ma ce l’hanno fatta.
L’IMPRESA
Secondo Palma, lo ripetiamo, il risultato colto da Della Bordella, Bacci e Bernasconi merita di entrare negli annali dei Ragni di Lecco e più in generale dell’alpinismo italiano, che pure vanta una lunga serie di successi. «La nuova via creata sulla Parete Est è già di per sé un’impresa enorme, clamorosa. Aggiungiamo il fatto che i nostri alpinisti abbiano utilizzato uno stile ecologico, senza mezzi meccanici, senza portatori… Matteo, David e Matteo hanno dimostrato un fiuto e una voglia di cimentarsi eccezionali, sono riusciti a resistere in un ambiente altamente ostile, fatto di roccia, ghiaccio, maltempo e nient’altro. Per Della Bordella questa impresa va aggiunta a quelle sul Fiz Roy, in Groenlandia o sulla Torre Egger: credo si possa ormai considerare uno dei più grandi alpinisti al mondo».
LE PAROLE DELLA CORDATA
Dopo un primo “dispaccio” via sms con un telefono satellitare, in cui annunciavano la riuscita della scalata, i tre alpinisti hanno affidato a Facebook il loro pensiero al termine dell’impresa. Ecco quanto ha scritto Matteo Della Bordella:
«Pura avventura in stile alpino su una delle pareti più ingaggiate e selvagge da me mai viste, immersa in una Patagonia che non ci ha mai fatto sconti.
Un grande successo da tutti i punti di vista, ma dove secondo me la vera differenza l’ha fatta una grandissima squadra, è stato fantastico condividere questi intensissimi 30 giorni di spedizione con due grandi amici!
A proposito della via: dovrebbe trattarsi della prima salita dell’immensa parete Est del Cerro Murallon, 1000 metri di roccia e ghiaccio; avevamo una finestra di bel tempo molto corta e l’abbiamo spremuta fino all’ ultima goccia. Partiti il 4 febbraio, siamo arrivati in cima alle 13 del giorno successivo con il brutto tempo che ormai ci aveva presi in pieno, abbiamo provato una discesa dallo sconosciuto versante opposto con visibilità molto ridotta e, pur sbagliando strada siamo stati fortunati e bravi a scendere comunque».
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