Morte di un commesso viaggiatore, secondo De Capitani

La Compagnia Teatrale dell'Elfo in scena all'Apollonio con il celebre dramma di Arthur Miller

teatro generica

Il 28 febbraio, al Teatro Apollonio di Varese, alle ore 21.00, andrà in scena l’opera più nota di Arthur Miller, e della drammaturgia contemporanea: «Morte di un commesso viaggiatore», per la regia di, e con Elio De Capitani, compagnia Teatro dell’Elfo.

Scritto nel 1949, quattro anni dopo la fine della seconda guerra mondiale e a distanza di venti anni dopo il martedì nero di Wall Street, «Morte di un commesso viaggiatore» rappresenta la critica al sogno americano del successo, del diventare ricchi. È la denuncia verso una società che diventa sempre più cinica, che non ha considerazione nei confronti della persona ma che valuta il successo, la produttività e il denaro le basi fondamentali di ogni uomo.

Chi è Willy Loman, in realtà? Un megalomane ambizioso che mente a se stesso, che persegue un mondo di menzogne dette a se stesso, ai figli ed alla moglie, che giunge fino quasi a percepire il fallimento di una vita proiettata verso i sogni e l’illusione? Ha ragione il figlio Biff, nel dire che nella famiglia di Willy «non si è mai detta la verità», e che il proprio fallimento deriva dal distorto modello di vita insegnatogli dal padre, che è «sempre stato un povero venditore di piazza, che ha sgobbato tutta la vita ed è finito nella spazzatura»? E che lo implora di «prendere quei sogni fasulli» e di bruciarli? O la verità è nelle parole urlate da Willy al figlio: «io non sono per niente uno come gli altri»? Oppure nelle parole severe di Linda, la moglie di Willy – una donna dimessa e tradita – che critica i figli dicendo loro «non vi importa niente se vive o se muore», e che comprende il vissuto di umiliazione provato – e non manifestato – dal marito di fronte ai figli che, dopo averlo invitato in un ristorante, lo lasciano da solo per seguire due prostitute? Questo lo si potrà capire seguendo il dramma della famiglia Loman.

Come dice De Capitani, «Ecco perché il dramma di Willy Loman ci commuove e ci strazia, perché non riusciamo a essere razionali di fronte a Willy Loman, perché lo odiamo molto meno di quello che si meriterebbe. Perché la vita sta facendo a Willy Loman quello che non vorremmo mai facesse a noi. Quella reazione di difesa, dal fallimento di una vita verso i sogni e l’illusione, ci piglia in gola perché sappiamo bene di che si tratta».

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Pubblicato il 22 Febbraio 2017
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