In un lembo di pelle si cerca l’assassino di Lidia Macchi

Via libera all'esperimento scientifico per isolare, dopo 30 anni, le tracce di liquido seminale trovate nei tessuti della povera vittima

Lidia Macchi

Partono nuove indagini dei Ris per cercare tracce dell’assassino della povera Lidia Macchi. Alla vigilia del processo contro Stefano Binda, che si apre il 12 aprile, i periti effettueranno delle analisi genetiche su tre tessuti vaginali che durante l’autopsia, effettuata dal professor Mario Tavani nel 1987, furono prudentemente conservati dallo specialista, nella speranza che un giorno la genetica avrebbe consentito, con il progresso, di effettuare ricerche più precise su quei lembi di pelle.

L’intuizione fu corretta, ma ora bisogna verificare se la tecnica eleborata dai carabinieri dei Ris di Parma consentirà, dopo tanto tempo, di rinvenire ancora tracce biologiche di liquido seminale che apparterrebbero all’uomo che la notte del delitto ebbe un rapporto con la vittima.

La procura generale di Milano ha avvisato i consulenti delle parti che gli accertamenti saranno effettuati nei prossimi giorni, e saranno irripetibili, dunque realizzati con la formula giuridica dell’incidente probatorio, con tutte le garanzie di legge e come se fossimo già nel dibattimento.

I biologi genetisti sperano di farcela: il punto è capire se in quei tessuti vi siano ancora intrappolati degli spermatozoi. Spiegato in maniera grossolana, i lembi saranno trattati con una particolare soluzione liquida, un lavaggio biologico, che dovrebbero indurre le cellule contenenti un profilo genetico a staccarsi.

La speranza è legata al fatto che che una prova del genere è stata fatta nei giorni scoris dai Ris di Parma e ha funzionato, ma ovviamente gli spermatozoi isolati dai carabinieri non avevano 30 anni e, dunque, l’esperimento che si andrà a compiere in laboratorio rimane un’incognita.

Alle operazioni parteciparanno il pm Gemma Gualdi (subentrata a Carmen Manfredda), per la famiglia Macchi il genetista Luca Salvaderi, per Binda il professor Piccinini dell’Università di Milano, e infine il genetista di Yara, Carlo Previderé, per la procura generale. Secondo il legale della famiglia, Daniele Pizzi, c’è molta attesa per questa mossa dell’accusa e i parenti di Lidia sperano in un esito positivo.

Un altro accertamento riguarda invece i peli trovati nella salma riesumata. Nei giorni scorsi sono stati prelevati alcuni reperti all’imputato, nel carcere di Busto Arsizio, per procedere alle comparazioni.

Roberto Rotondo
roberto.rotondo@varesenews.it
Pubblicato il 31 Marzo 2017
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