“Io, Borghi e la Ignis: quando Comerio era il mondo”

Chi meglio di Caterina Ossola, 86 anni, la storica segretaria di Giovanni Borghi, può sapere che cosa sia stata la Ignis per questo territorio?

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Ora che a Comerio non c’è più la Whirlpool…è il momento dei ricordi. E chi meglio di Caterina Ossola, 86 anni, la storica segretaria di Giovanni Borghi, può sapere che cosa sia stata la Ignis per questo territorio?

Cosa prova oggi a vedere l’abbandono della Whirlpool della sua storica sede di Comerio?

“Oggi non ho parole per descrivere la fine della fabbrica a Comerio, solo una grande tristezza. Però capisco che la Whirlpool debba crescere e ha scelto un luogo più comodo e con maggiore tecnologia. Io però ho provato nostalgia in questi giorni – racconta – sono entrata alla Ignis di Comerio a 16 anni, nel 1946, dopo le scuole medie, perché abitavo in paese e si era sparsa la voce che i Borghi di Milano, che qui avevano una casetta di vacanza, a Orocco, stavano facendo i fornelli a gas e li vendevano. Andai da loro, a imparare il mestiere di impiegata, ma nel 1948, quando iniziarono con i fornelli elettrici, una crisi di corrente in tutta Italia mandò in crisi la ditta.

Caterina Ossola

(Caterina Ossola e Guido Borghi, figlio di Mister Ignis)

Dovettero licenziare e mi lasciarono a basa, per due mesi, perché, mi dissero, avevo i genitori contadini e con la terra e le bestie potevano sfamarmi. Due mesi dopo, però, mi richiamarono e nel giro di poco tempo divenni la segretaria personale di Giovanni Borghi, mentre mia sorella si occupava della parte finanziaria. Ho vissuto anni incredibili a fianco di Borghi, in quest’ azienda, mi ricordo tutto quello che è accaduto, alla Ignis, dal primo all’ultimo giorno, dalla a alla zeta”.

Caterina Ossola viene ricordata, da tutti i vecchi lavoratori, come il capo in pectore dell’azienda: la persona di cui Borghi aveva piena e incondizionata fiducia.

“Il primo vero successo arrivò con i fornelli a gas – racconta – entrammo nella rete commerciale di una grande società di gas con 53 concessionari e iniziammo a vendere il prodotto in tutta Italia. Arrivavano i camion, a Comerio, facevano la fila per prendere i fornelli. Iniziammo a ingrandirci, nacquero le cucine a gas e i frigoriferi; le fabbriche di Cassinetta, Siena, Napoli, Barcellona. Già nel 1954 mettevamo i compressori nei frigoriferi. Li producevamo inizialmente a Gavirate, in una ex caserma militare. Da Comerio Giovanni Borghi seguiva tutto, il papà seguiva l’andamento dei soldi, il fratello più giovane seguiva la produzione dei frigo e poi ci fu il fratello che morì in via Monte Ceneri a Milano schiantandosi in auto contro un tram”.

comerio

Il legame tra la Ignis e Comerio era forte?

“Era un legame con la famiglia Borghi. La ditta fu fondata nel 1943 ma a Comerio si iniziò nel 1946. Prima della guerra Comerio per loro era il luogo di villeggiatura. Sulla collina di Orocco venivano già in vacanza. A quel tempo qui c’era solo agricoltura e la fabbrica di pipe”.

Già negli anni Settanta arrivò una prima svolta.

“La Philips ci faceva una corte spietata. Presero il 50 per cento, ma per fare qualunque investimento ci voleva il loro benestare. E invece dicevano sempre di no, perché volevano prendere la società a un prezzo più interessante. Nel 1972 Borghi decise di vendere anche l’altra parte della Ignis. Non avrebbe venduto se non fosse stato per la sua salute”.

Le confidò che stava male?

“Sì. Un giorno mi chiamò in ufficio e mi fece un disegno sulla scrivania. Mi disse, guardi, mi devono fare questo intervento. Aveva un tumore alla vescica ed era molto affranto”.

La fabbrica era la sua vita?

“Sì, tutte le mattine, e tutti i pomeriggi, gli piaceva vivere la fabbrica. Lui conosceva tutto e tutti. E anche io, per la verità. Era lui che decideva ogni cosa. Parlava con un operaio, ad esempio, e si faceva dire cosa ne pensava di un certo accorgimento, di un ingranaggio. Quando tornò dagli Usa con l’idea di mettere il poliuretano espanso nei frigoriferi, rivoluzionò tutto quanto in un mese. Alla fine dell’estate, il prodotto era cambiato”.

E la famiglia?

“Il fratello non voleva comprare la fabbrica di Napoli, e si separò. Ricordo una grande discussione, fino alla sera alle 10, tirò fuori il foglio con quanti soldi doveva dare al fratello Gaetano, e lo mise sul tavolo. Lui tornò comunque spesso in fabbrica, non ci furono scenate, ma quel foglio mi rimase impresso”.

Cosa dovrebbero realizzare, secondo lei, nella ex sede di Comerio in futuro?

“Credo che dei piccoli laboratori, magari di produzione. Ci sono molti tecnici in questo territorio, che potrebbero aiutare nuove piccole imprese”.

Dopo la Ignis lei cos’ha fatto?

“Ho fondato una azienda che vende frigoriferi e che costruisce e installa impianti, la Riviera. Nel 1976 vendevo frigoriferi a tutti i clienti che avevamo alla Ignis. Feci un accordo con dei siriani bravi, un impianto a Latakia, e collaboro da tanti anni con loro. Per loro abbiamo realizzato una fabbrica per costruire i frigo, ma hanno anche un impianto con cui lavorano per la Pepsi Cola e che è stato bombardato. Lo volevano ricostruire con una ditta tedesca, che però ha avuto paura. Così ci hanno richiamato. Ho mandato i tecnici a Latakia e l’abbiamo ricostruito. Noi italiani abbiamo fatto l’impianto, con molti pezzi cinesi, e in 5 mesi l’abbiamo montato. Da un mese producono fino a 22mila bottigliette in 4 ore. Per quel lavoro abbiamo dovuto pagare ai tecnici un’assicurazione contro la morte. Qualche anno fa feci realizzare, con i vecchi tecnici della Ignis, una fabbrica per costruire 300 frigoriferi al giorno in Algeria. Insomma, come avrà capito, mi piace ancora lavorare”.

Roberto Rotondo
roberto.rotondo@varesenews.it
Pubblicato il 07 Marzo 2017
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