Il ministro scrive ai medici: i selfie in ospedale offendono i pazienti
Emessa una circolare per vietare autoscatti e fotografie in corsia: “Violano la privacy e sminuiscono la professione”
Ci sono posti dove anche la forma diventa sostanza. Tra questi figurano gli ospedali, le corsie, le sale operatorie, i laboratori e quant’alto della sfera sanitaria in cui viene esercitata una professione, che ha precise regole anche in merito alla privacy. Ma non solo: si parla anche di serietà, di comportamenti e condotte che non devono far degradare un mestiere in una pagliacciata.
Per questo il Ministero della Salute ha diramato a fine marzo una nota con cui si invitano i professionisti a evitare scatti in corsia.
Ne ha parlato oggi un articolo su Repubblica dove sono riportate diverse foto che ritraggono medici o infermieri nell’atto di immortalarsi sul posto di lavoro.
Il motivo è che da tempo i selfie sono entrati a far parte dei gesti quotidiani di molti utenti della rete che intendono immortalare gran parete della loro vita privata.
E fin qui, le uniche eccezioni sono l’estetica, l’opportunità e la consapevolezza di quello che si sta facendo: un atto che rimane a volte indelebile e che mai muore nei meandri della rete.
Quando si ha a che fare con terzi, e con attività che si basano sul rapporto di fiducia con persone in uno stato di debolezza, vedi i malati, allora la cosa cambia.
Per questo il Ministro ha scritto alla federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomeceo) e quella degli infermieri (Ipasvi) e alle realtà che rappresentano le altre professioni specifiche della galassia sanitaria.
Non a caso l’oggetto della comunicazione è “Diffusione di foto e video da parte di esercenti le professioni mediche realizzati all’interno di strutture sanitarie”, nella quale si legge che “sono oramai frequenti le notizie di stampa che segnalano il dilagare del fenomeno della pubblicazione di fotografie e selfie sui social network scattate da parte di professionisti sanitari durante l’esercizio dell’attività lavorativa presso le corsie di ospedali e sale operatorie in strutture pubbliche e/o private, fino a sfociare in alcuni casi nella violazione della privacy del paziente”.
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