La casa degli agnellini scampati al macello

Il rifugio degli animali felici diventa “santuario” e cerca volontari per accudire oltre 400 capi di tutte le specie che vivono in libertà in una vallata dell’Alto Varesotto. Il sogno di un ospedale per curare i selvatici finiti sotto le macchine

Il rifugio degli animali felici

“Il compito più alto degli uomini è quello di sottrarre gli animali alla crudeltà”.

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Il rifugio degli animali felici 4 di 15

È con una frase di Emile Zolà che Gian Carlo Galli spiega il senso di quello che fa da oltre 16 anni in una casa con quarantamila metri quadrati di terreno e 400 animali che vivono in totale libertà, senza nessuno che faccia loro del male, per salvarli e renderli liberi.

«401, per l’esattezza, ieri è nato un agnellino», racconta Galli, ideatore del Rifugio degli animali felici, da qualche mese divenuto “Santuario”. Proprio così, non più sola oasi per cavalli azzoppati, capretti scampati al macello, galli e galline salvati dallo sfruttamento intensivo agli ormoni, e persino cinghiali, che alla fine, abituati all’uomo si trasformano in animali da compagnia.

In pratica il “santuario” è un titolo che garantisce l’applicazione di principi etici nel perseguire il rapporto uomo animale: «Noi accettiamo qualsiasi animale selvatico o non, che qui riceve un nome e la promessa che non debba più avere paura dell’uomo. Questo è il nostro obiettivo: la vita».

E in questi giorni, vigilia di Pasqua, nel recinto di pecore e capre c’è grande fermento per via di continui arrivi di animali che vengono portati qui, comprati anche un attimo prima della macellazione, e salvati.
Alcuni hanno ancora sul dorso il segno lasciato dallo spray verde che li destina a finire sulle tavole come abbacchio.

«Ma la sensibilità sta cambiando – spiega Galli – Ho notato che in molti comprendono il nostro messaggio e vengono qui coi bambini: è su di loro che dobbiamo puntare per avere una società più attenta al mondo animale. A volte, però, si assiste a situazioni paradossali, come nel corso dell’ultima visita del Papa a Milano. Mi è capitato di notare come fra gli sponsor vi fosse un noto salumificio dove viene ucciso un maiale ogni 11 secondi. Ecco questo lo trovo inaccettabile», racconta Galli nella piccola veranda sotto alla casa rifugio, che ha una storia curiosa.

Era infatti la dimora di un cappellano delle SS che aveva scelto questo posto come buen ritiro. Poi l’immobile è passato di mano fino a quando questo salvatore di animali l’ha acquistato e ridimensionato per l’uso che se ne fa oggi.
Prima di entrare nella proprietà c’è un grande campo dove pascolano i cavalli in libertà.

Una volta superato l’ingresso si fa conoscenza col gallo Pietro, praticamente il bullo del posto, che si avvicina e detta legge ai visitatori e un po’ anche agli altri animali come tacchini e gatti, i primi a venire incontro. C’è il recinto dei conigli, il mega pollaio, e lo stagno per gli animali acquatici, il recinto dei cinghiali e la staccionata dove vivono gli ovini.
Ed è qui che si assiste al miracolo che è l’amore della natura: ecco un capretto rimasto senza madre adottato da un’anziana capra che non ha più latte, ma lo accudisce come fosse figlio suo, raccontano Christian e Simona, due volontari di Laveno che da alcuni mesi si sono avvicinati a questo mondo.

Già, i volontari. La Onlus ha tre persone che stabilmente lavorano, poi ci sono altri che a vario titolo arrivano per dare una mano: «Ma servono nuove forze perché gli animali aumentano e c’è tanto da fare», dicono. E anche altri aiuti non guasterebbero, come mezzi di trasporto e generi alimentari, magari provenienti da qualche supermercato della zona.

Presto arriveranno campagne di sensibilizzazione per coinvolgere sempre più persone in questa attività.
Esiste poi un progetto ambizioso per il futuro: realizzare qui un ospedale per animali selvatici in difficoltà e feriti: tanti sono gli ungulati che vengono investiti: c’è il problema ci chi deve andare a prenderli negli orari in cui il nucleo faunistico della Polizia Provinciale non è disponibile: «Mi è capitato di andare qualche volta – spiega Gian Carlo – ma non è la nostra attività, e poi una volta preso in carico, l’animale va curato, e qui non abbiamo le strutture adatte erutti i costi sono a nostro carico. Le strutture statali, che fanno un lavoro comunque prezioso, non ce la fanno».

Avarie

Una delle soluzioni su cui stanno ragionando qui al Rifugio è l’adozione a distanza, una formula venuta alla ribalta proprio in questi giorni con la presidente della Camera Laura Boldrini che ha scelto di diventare la sostenitrice di due agnellini (nella foto la notizia sul Corriere di ieri, con sotto Berlusconi che nutre un cucciolo). Ma la strada è ancora lunga per riuscire ad avere un mondo senza uccisioni di animali, dove l’uomo non sia visto come un temuto predatore ma un essere in simbiosi con la natura.

C’è una strada che ognuno di noi può percorrere per non cadere negli estremismi ma rispettare comunque gli altri esseri viventi? «Sì c’è e io la sto adottando da diverso tempo – spiega Christian, di origini tedesche e qui in Italia da 11 anni – . Io, ogni tanto, una fetta di salame me la mangio. Il punto è farlo in maniera responsabile, cioè ridurre il consumo di carne e dire no alle forme di sfruttamento intensivo degli animali. Venga a vedere».

Il rifugio degli animali felici

Mentre una vera e propria gang di cani corre intorno alla casa Christian e la moglie ci accompagnano da un esemplare di gallina scampato all’allevamento intensivo: è grande il doppio di un pollo normale (foto sopra), privo di piume e gonfio, per via degli ormoni che hanno l’obiettivo di far esplodere la carne nel più breve tempo possibile, così da essere pronta per il supermercato.
«Ecco, è a questo che si deve dire di no».

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Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 14 Aprile 2017
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Commenti

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  1. Avatar
    Scritto da Felice

    Essere animalisti (e soprattuto canari e gattari) oggi va molto di moda. Lo possiamo vedere dalle fotografie di Berlusconi che in una sorta di marketing virale pro-elettorale si è fatto fotografare con due agnellini adottati e salvati dal macello. Ovviamente affiancato dalla onnipresente Brambilla, parlamentare occupata più a legiferare per gli animali che per gli esseri umani (peccato sia pagata con soldi dei contribuenti).
    Nulla toglie che così facendo il Silvio nazionale si sia attirato verso di sé le ire degli allevatori, che mica sono bolscevichi, ma che leggermente si sentono presi per i fondelli da questa moda animalisti del momento.

    Io sono per una semplice e banale teoria: prima gli umani. Quindi nessun investimento deve essere fatto per queste specie di “oasi” che tutelano il nulla se prima non abbiamo protetto l’ambiente in cui viviamo salvandolo dalle speculazioni dei palazzinari, se prima non abbiamo garantito a tutti (soprattuto anziani) i servizi essenziali e se prima i nostri figli hanno accesso al migliore sistema educativo e sanitario (vaccini compresi visto che si sta parlando di “fanatici”).

    Questo non vuol dire per forza di cose comportarci nel modo bieco, cinico e spietato con la natura. La morte di un animale destinato alla alimentazione deve essere fatta nel modo più rispettoso e dignitoso verso la vita stessa dell’animale in modo da non farlo soffrire inutilmente.

    Purtroppo quello che noto in questi moderni “fanatici” animalisti è il completo scollegamento della realtà.
    Anch’io sono per un consumo di carne consapevole. Fatto sta che la consumerò 1 max 2 volte a settimana.
    E quella che consumo io non è mica da supermercato. Viene dal macellaio che a sua volta la acquista e macella da allevamenti selezionati. Ogni volta che vado da lui minimo e dico minimo ci lascio 60€.
    Ma la differenza si vede e si sente rispetto a quella venduta al supermercato.

    Quello idilliaco quadretto di consumatore carnivoro vale per me, finché me lo potrò permettere e finché riterrò corretto pagare qualcosa di più (anche il doppio) per avere qualità maggiore.

    Purtroppo la popolazione italiana non è composta da me e qualche decina di altre persone. Siamo oltre 60 milioni e se solo 40 milioni di persone volessero mangiare carne UNA volta a settimana gli allevamenti intensivi sono l’unica scelta per garantire una fornitura costante e continua.

    Quindi non vedo altre soluzioni in tempi rapidi: o falcidiamo 20-30 milioni di persone ritornando ai consumi di 50 anni fa, oppure vietiamo la vendita di carne o questi “santoni” animalisti accettano la attuale impostazione di mercato, mercato che in Italia sembra comunque essere il più equilibrato possibile.

    Il resto, come ho già scritto, sono “mode” dettate da una crescente decadenza della società. Ci si interessa maggiormente di un animale che di un bambino che viene gentilmente gasato a poche centinaia di km da casa nostra.

    Felice

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