Stefano Binda è stato scagionato?

Omicidio Lidia Macchi, un riassunto per capire a che punto siamo e quanto conta il "colpo di scena" della lettera anonima

Processo Lidia Macchi

La prima udienza del processo in corte d’assise per l’omicidio di Lidia Macchi si è aperta con un colpo di scena. Un avvocato di Brescia, Pier Giorgio Vittorini, ha contattato i difensori dell’imputato Stefano Binda il 4 aprile per comunicare che un suo cliente afferma di essere l’autore della lettera anonima “In morte di un amica” che fu inviata ai genitori della vittima, per posta, il giorno del funerale nel 1987.

E’ una circostanza che fa cadere tutte le accuse? No.

Mercoledì sera il presidente della corte d’assise Orazio Muscato ha ammesso come testimone l’avvocato Vittorini, segnato come teste numero 100 nella lista. L’uomo dovrà venire in aula e riferire quello che sa. L’avvocato della famiglia di Lidia Macchi Daniele Pizzi osserva: “L’avvocato Vittorini si avvarrà del segreto professionale – afferma – e la sua lettera allo stato dei fatti non ha alcun valore di prova. Per capire come stiano davvero le cose c’è un solo modo: la persona che dice di aver scritto la lettera venga allo scoperto, si faccia avanti in tribunale, renda la sua testimonianza e si sottoponga a un esame grafologico. Solo così sapremo se dice il vero”.

Stefano Binda

(la lettera anonima)

Dunque, a tutt’oggi il colpo di scena della lettera è solo un’ipotesi. L’avvocato di Stefano Binda, Sergio Martelli (codifendore Patrizia Esposito), ha chiesto che Vittorini venga ascoltato per primo, già nell’udienza prevista tra due settimane. Se dirà il nome della persona che si è attribuito lo scritto anonimo, questi potrà esser chiamato in aula.

Seconda ipotesi: se questa persona davvero risulterà essere l’autore della lettera, cadranno tutte le accuse? No.

Sia la pg Gemma Gualdi che la parte civile lasciano intendere che non esiste una sola prova contro Stefano Binda, anche se l’equazione autore della lettera = assassino è chiaramente uno dei capisaldi della richiesta di arresto e dell’ordinanza del gip Anna Giorgetti che, ancora oggi, tiene in carcere l’imputato Stefano Binda.

Processo Lidia Macchi

(a sinistra la pg Gemma Gualdi, a destra l’avvocato difensore Patrizia Esposito)

Secondo questo teorema Binda uccise Lidia Macchi dopo un rapporto sessuale sotto costrizione ma non riuscì a tenere a freno il suo senso di colpa. Spedì quella lettera, che descrive il luogo del delitto e la notte in cui avvenne. A distanza di trent’anni almeno due persone dicono che è sua: l’amica Patrizia B. che lo riferì due anni fa alla polizia e il grafologo della procura generale che ha indicato in Binda l’autore. La polizia ha poi cercato nelle sue agende di casa altre conferme (Binda ha tenuto tutti gli scritti della sua gioventù) e ha trovato  una scrittura simile e un biglietto “Stefano è un barbaro assassino” ma anche altre indicazioni suggestive.Dunque, si può concludere che l’accusa per ora conferma la tua tesi, anche se l’avvocato Sergio Martelli ha severamente criticato i metodi di indagine ieri in aula.

Infine, che cosa è emerso dalle indagini scientifiche? Non sappiamo nulla. La procura ha forse ancora una carta da giocare: le indagini sul dna ottenuto dalla riesumazione della salma, e quelle sul lembo di pelle che fu conservato dopo l’autopsia.

Ieri l’avvocato difensore Sergio Martelli ha chiesto di nuovo la scarcerazione di Binda, ma il tribunale l’ha negata dichiarandosi sostanzialmente non competente sulla decisione poiché c’è già una pronuncia della cassazione sulla misura disposta dall’ordinanza di custodia cautelare. Il presidente Orazio Muscato ha anche escluso dalla lista testi alcuni testimoni che erano stati chiamati dalla difesa per raccontare circa delle relazioni extraconiugali in ambito ospedalieri all’epoca del delitto, ma il giudice ha ritenuto che non fossero pertinenti. Una decisione che ha mostrato anche una certa sensibilità del Presidente Muscato verso la vita delle persone chiamate a testimoniare, 305 alla fine in totale.

 

Roberto Rotondo
roberto.rotondo@varesenews.it
Pubblicato il 13 Aprile 2017
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