Armi a Israele, la lotta pacifista finisce in tribunale

Il 9 maggio udienza dal gip. Denuncia di 5 cittadini, l'avvocato del comitato contesta la richiesta di archiviazione. Carta dell'Onu e legge sulle armi, i temi di scontro

aermacchi m346 volo inaugurale (foto Luca Magro)

I pacifisti denunciano Aermacchi perché vende armamenti a Israele, paese considerato alla stregua di un paese belligerante, e che viola i diritti umani, da un esposto di cinque privati cittadini aderenti a un comitato di associazioni. Accade a Varese, dove il 9 maggio, il gip dovrà discutere una richiesta di opposizione all’archiviazione proposta dalla Procura di Varese sull’indagine scarico di ignoti nata dalla denuncia contro Leonardo spa, la ex Finmeccanica, azienda strategica del sistema di difesa industriale italiano e proprietaria della Aermacchi di Venegono Inferiore.

Curioso che sia il tribunale di Varese a decidere se è giusto o meno vendere armi a Israele, ma si tratta in realtà di una causa pilota nata negli ambienti pacifisti e che è stata depositata a Varese perché Aermacchi rientra nella giurisdizione di quella procura.

I FATTI

Il pm Sara Arduini, trasferitasi a Milano, aveva aperto un fascicolo contro ignoti nel 2014 e alla fine ha concluso che la vendita di armi, ovvero gli addestratori M346 della Aermacchi, a Israele, non vìola alcuna legge, poiché l’articolo 51 della Carta dell’Onu garantisce il diritto di uno stato a difendersi: “E’ tutelato il diritto di autotutela dello stato di Israele, e di conseguenza i rapporti commerciali in tema di armamenti in gli altri paese non sono vietati in via generale”.

L’archiviazione sarà impugnata dall’avvocato Marco Lacchin, che agisce in nome di cinque privati cittadini aderenti al comitato “No M346 a Israele”: il gruppo che negli anni scorsi ha organizzato manifestazioni a Venegono, nei pressi i Aermacchi, per contestare la vendita. La tesi giuridica dell’avvocato del comitato è, in sostanza, che la Leonardo spa non avrebbe rispettato la legge 185 del 1990 che impedisce la vendita a paesi belligeranti o che viola i diritti umani. E che il diritto all’autotutela vale quando un altro stato ti attacca e non quando si compiono operazioni interne contro organizzazioni terroristiche.

Il tema si proporrebbe per Israele, poiché diverse organizzazioni indipendenti non governative accusano il governo di Tel Aviv di tali violazioni: inoltre nel 2012, e nel 2014, al tempo dell’autorizzazione ricevuta da Roma per la vendita e dell’inizio della fornitura degli arerei (“eufemisticamente definiti addestratori”) Israele era impegnata nelle operazioni militari chiamate “Pilastro di difesa” e “Margine protettivo” che provocavano “pesanti bombardamenti in danno della popolazione della Striscia di Gaza”.

La qualificazione giuridica della vendita degli addestratori, dunque, sarebbe quello di un aggiramento della normativa che vieta di vendere armamenti a un paese che viola i diritti umani e che è impegnato in azioni di guerra non difensiva. Una tesi che la procura non ha condiviso anche perché Israele non è inserito in una black list ministeriale sui paesi a rischio. Per l’avvocato Lacchin però il giudice dovrebbe avere il coraggio di superare il giudizio della black list ministeriale poiché la legge è giuridicamente superiore.

Roberto Rotondo
roberto.rotondo@varesenews.it
Pubblicato il 03 Maggio 2017
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.