Dall’Italia al kibbutz, 2300 km in bici sulle strade delle memoria

Sulle tracce della solidarietà, Giovanni Bloisi ha incontrato gli orfani ebrei passati dalla colonia bergamasca di Sciesopoli. Toccando anche i campi di concentramento italiani, volto oscuro della nostra storia

Giovanni Bloisi viaggio Sciesopoli

Dall’Italia fino a un kibbutz in Israele, tutto in bicicletta. Giovanni Bloisi, da Varano Borghi, ha pedalato per duemilatrecento e passa chilometri, per raccontare la storia dei “bambini di Sciesopoli”, gli orfani ebrei (da tutta Europa) che furono accolti in un paesino della bergamasca al termine della Seconda Guerra Mondiale. Un lungo viaggio concluso con l’emozionante incontro con alcuni dei “bambini”, oggi attempati signori e signore che conservano ancora la memoria di quel passaggio in Italia.

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Da Tradate al kibbutz in Israele 4 di 8

Giovanni Bloisi si definisce “ciclista della memoria”, in sella alla sua bici ha affrontato più di un viaggio con l’obbiettivo di creare attenzione e sollecitare la memoria. L’ultima sua spedizione – ne avevamo parlato a marzo, prima della partenza – si concentra sulla vicenda di Sciesopoli: una colonia di soggiorno costruita durante in fascismo a Selvino (Val Seriana), che alla fine della guerra – per iniziativa della nuova Italia antifascista e democratica – fu convertita a colonia per accogliere orfani di famiglie ebree, sopravvissuti alla Shoah. Molti venivano dall’est Europa, si erano salvati a prezzo di enormi sofferenze, avevano attraversato mezzo continente per avvicinarsi all’imbarco per heretz Israel, la ritrovata terra promessa.

Il viaggio di Bloisi aveva come obbiettivo finale Zeelim, il kibbutz dove hanno trovato casa gli orfani passati da Sciesopoli. «Ho incontrato i “bambini di Selvino”, che sono ancora una sessantina» racconta Bloisi. «Ho dormito nel kibbutz fondato da loro, sono stato ospitato per sette giorni. Selvino per loro è un luogo importante. Uno di loro, Abraham, mi ha detto: “Io a Selvino sono arrivato a piedi dalla Polonia, tu in bicicletta da là, grazie”. Un altro mi ha detto: “Il popolo di Selvino ci ha dato la vita: lì abbiamo ritrovato la vita”. Per tanti anni non hanno raccontato, ora finalmente lo fanno, condividono i loro ricordi. Molti erano colpiti dal fatto che andasse fin lì in bici un italiano: non ebreo, non un israeliano, non una persona coinvolta più direttamente, ma un semplice cittadino italiano. Non capivano perché avessi fatto questo viaggio, prendendo freddo, affrontando difficoltà, cucinando per strada».

Giovanni Bloisi viaggio Sciesopoli

Bloisi, per raggiungere Israele, ha toccato anche diverse località italiane, sede di campi di internamento. Un percorso tracciato per fare memoria della persecuzione del popolo ebraico, che fu attuata anche in Italia (con zelo, anche prima che ci si mettessero i nazisti). Tra le tappe Càsoli in Abruzzo, Gioia del Colle in Puglia, località sede di campi di internamento e di transito, attraverso cui cittadini italiani (ma anche jugoslavi e profughi tedeschi) di origine ebrea furono poi inviati verso i campi di sterminio. O Colfiorito vicino a Foligno, dove c’erano oppositori politici italiani, montenegrini e albanesi, deportati dai territori occupati. O Casacalenda in Molise «dove c’erano solo donne ebree e mogli di oppositori politici». Insomma: il volto oscuro della storia italiana, speculare alla storia di accoglienza e solidarietà di Sciesopoli, allo stesso modo meritevoli di tutela e memoria.

Venti tappe complessive, venti giorni di viaggio partendo da Tradate (Comune che ha dato il suo patrocinio). «Il viaggio è andato oltre le aspettative per l’attenzione che si è creato lungo le tappe. Vari comitati nei Comuni che attraversavo, sede di campi di concentramento: mi hanno accolto in modo encomiabile, mi hanno proposto altri progetti per la valorizzazione e il racconto della memoria. Storie magari mai raccontate. Come a Càsoli e a Gioia del Colle, dove il sindaco mi ha detto che ho “risvegliato” con la mia bicicletta la memoria. A Colfiorito un professore ha riconosciuto che la bicicletta ha avuto una forza in grado di risvegliare. . Adesso c’è da lavorare per concretizzare. Domani ad esempio sarò a Roma con il sindaco di Selvino, a pranzo dall’ambasciatore israeliano».

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 22 Maggio 2017
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