“Non ci pieghiamo al ricatto”. Una famiglia si ribella all’estorsione online

Gli hacker hanno preso il controllo di un computer di R.S. e M.S., con accesso a tutte le informazioni e chiedendo migliaia di euro. "È come uno stupro. Ma vogliamo denunciare"

gallarate generico

«È una sensazione di violenza estrema, come uno stupro. Che minaccia di travolgere la tua vita privata, il tuo lavoro, i tuoi parenti».

R. S. e M. S., insieme al figlio F., sono da alcune settimane vittime di una estorsione online da parte di ignoti. Hanno fatto denuncia alla Polizia Postale, ma ora vogliono affrontare a viso aperto la minaccia, raccontando la loro storia, mettendo in guardia potenziali altre vittime, spingendo chi ha subito questa violenza a denunciare. «Credo sia l’unico sistema per uscirne, anche psicologicamente: non si può vivere sotto ricatto» spiega M.S. (indichiamo con le sole iniziali delle persone coinvolte per evitare che nome e cognome  sia rintracciabile su Google; l’uso della foto è invece stato esplicitamente autorizzato)

A inizio aprile il computer dell’abitazione della famiglia è stato violato: è bastato un pop-up seminascosto, un malware installato a loro insaputa, perchè i criminali informatici avessero accesso al loro computer. Alla posta elettronica, a foto e documenti privati, attraverso le mail e le chat anche a tutta la loro rete di legami informatici, da quelli di lavoro alle amicizie, alle relazioni sociali più ampie.

«È iniziato tutto ad aprile» spiega R., il marito. «Ho ricevuto delle e-mail sugli indirizzi di lavoro e privati, ma inizialmente le ho scambiate per semplice spam. Sabato 8 aprile mi è arrivato un messaggio WhattsApp, con cui dimostravano di conoscere anche il mio numero di telefono: dicevano di controllare le mail, che la situazione era grave e che avrebbero contattato mia moglie e mio figlio, se non avessi pagato. Sulle prime mi hanno chiesto di fare una offerta: io ho inizialmente offerto 1000 euro, ma non bastava. Avendo però già sotto controllo la mia situazione economica grazie all’accesso ai file mi hanno proposto due bitcoin» (la moneta informatica ha un valore variabile: a inizio aprile due bytcoin valevano 2500 euro). «Preso dal timore delle conseguenze ho pagato questi soldi».

La promessa era di interrompere le richieste ma ovviamente il primo pagamento non è bastato. E una settimana fa la famiglia è ripiombata nell’incubo dell’estorsione: «Il 18 maggio mi hanno ricontattato e mi hanno chiesto un altro bitcoin (valore oggi: 1900 euro), per chiudere definitivamente la faccenda».  Nel giro di due giorni R. ha contattato la Polizia Postale e ha sporto denuncia. E ha deciso di raccontare a tutta la famiglia il ricatto: insieme hanno preso poi la decisione di affrontare pubblicamente la questione.

Gli estorsori online hanno nel frattempo contattato anche la moglie M., nota a Gallarate anche perchè è la moderatrice di una frequentata pagina Facebook (Sei di Gallarate se…) e perchè è impegnata in una lista civica.«Martedi mi hanno contattato sollecitando il pagamento da parte di mio marito, minacciando di divulgare i nostri dati». Con una seconda mail  gli estorsori hanno poi dettagliato le minacce, citando appunto le pagine facebook  gestite da M. e gli àmbiti in cui è attiva in città (le informazioni sulla rete sociale sono state forse recuperate anche con ulteriori ricerche: basta una ricerca Google per informazioni di base su una persona).

Estorsione on line: come affrontarla insieme

La loro denuncia serve a bloccare il ricatto degli estorsori, quantomeno a depotenziarlo, ma anche a rendere pubblica una minaccia che colpisce molte persone, per lo più vittime che non denunciano e si piegano al ricatto. «Siamo convinti che ci debba essere una denuncia pubblica: sono crimini odiosi, rispetto a cui il livello tecnologico dei criminali è sempre in vantaggio anche rispetto agli strumenti in mano a chi indaga. Molti che leggeranno questa notizia rimarranno indifferenti, alcuni diranno male di noi, altri ci staranno vicini: ma vogliamo dire che denunciare è l’unico modo per spuntare le armi di queste persone»

Non esistono dati certi sulle truffe e le estorsioni online, molte analisi svolte dalla Polizia Postale e da enti terzi dicono che è una tipologia di crimine che – basandosi sulla vergogna suscitata nelle vittime – vede un numero ridotto di denunce rispetto ai casi reali. «Abbiamo iniziato ad avvertire i nostri parenti, poi i nostri amici, i nostri conoscenti. E anche un paio di miei amici ci hanno detto di essere stati vittime di episodi del genere».

Estorsione online: difficoltà a bloccarla attraverso Facebook

La Polizia Postale – spiegano – ha condiviso la scelta di rendere pubblica la vicenda. Il che non è sempre semplice. F., il figlio di R.S. e M.S., ha 21 anni e ha condiviso con il resto della famiglia la scelta di affrontare la questione: da “nativo digitale” ha una rete molto ampia e anche solo raggiungere i suoi 900 contatti Facebook si è rivelato più difficile di quanto potesse immaginare. «Non esiste un modo per creare un gruppo con tutti i propri contatti. Ho iniziato a mandare messaggi individuali, ma dopo alcuni messaggi Facebook mi ha bloccato il copia-incolla sui miei messaggi: capisco le ragioni antispam di questa scelta ma mi ha impedito di avvertire contemporaneamente tutti i miei contatti. Non ho alternative: Fb non ha un call center, c’è un forum per i problemi ma nessuno mi ha risposto. Di fatto non si può fare nulla preventivamente, anche se l’estorsione è già avvenuta nel momento in cui hanno accesso ai nostri dati».

Estorsione on line: denunciare senza paura

Quando ci si ritrova nel gorgo di una esperienza simile, anche queste sono difficoltà da non sottovalutare: l’ultima settimana è stata un vero incubo per la famiglia, che ha dovuto rivedere le procedure di sicurezza, avvertire le persone, contribuire alle indagini della Postale. Però sono rimasti uniti e hanno affrontato insieme e oggi vogliono farne anche un caso pubblico: «Chiunque abbia subìto episodi di questo genere ci contatti. E faccia denuncia, sempre» dice R., il marito. Inevitabile – infine – ricordare che diffondere le immagini o le informazioni fornite da hacker (e derivate da una violazione della privacy) è un reato. «Siamo pronti a denunciare chiunque le diffonda».

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 26 Maggio 2017
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