E’ tornata la Lega di lotta e di governo (con Silvio)

La Lega provinciale, oggi, punta alla ricostruzione del vecchio blocco conservatore degli anni Duemila

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Il ritorno della Lega Nord come forza di governo del territorio è un dato di fatto: Andrea Cassani a Gallarate, Dario Galli a Tradate, Alessandro Fagioli a Saronno. Non a Varese, non a Busto Arsizio, d’accordo, ma la ripresa c’è, anche se nei piccoli comuni le cose non sono andate benissimo. Nel territorio il partito non è più forte come prima e si assesta spesso su consensi tra il 12 e il 18% (ma nemmeno ai tempi d’oro, la Lega era primo partito). Quello che però è cambiato, è la competitività dei leghisti che curiosamente vincono spesso con la vecchia guardia.

(foto. Matteo Salvini, il segretario provinciale Matteo Bianchi, il governatore lombardo Roberto Maroni)

Dario Galli, a Tradate, è un caso particolare ma di grande valore simbolico: ha sconfitto non solo il centrosinistra, ma anche un sindaco del Pd che, come consigliere delegato al bilancio, aveva istruito la pratica poi finita alla corte dei conti con l’accusa di un buco di bilancio in Provincia. Il consenso che ha raccolto a Tradate dice che la gente gli ha ridato fiducia e che la strategia del centrosinistra di mettere alla berlina la gestione precedente a Villa Recalcati, sul medio periodo, ha segnato il passo.

La Provincia è ancora a guida centrosinistra, ma l’alleato con cui si gestisce la partita è Esperienza Civica, cioè un pezzo di centrodestra civico che al Referendum del 22 ottobre sulla autonomia lombarda, starà con Maroni. Nel frattempo, approfittando delle difficoltà del centrosinistra e della inconsistenza del Movimento 5 stelle, il centrodestra ha ripreso posizioni impattanti nella prossima assemblea dei sindaci della Provincia, dove potrà contare sui millesimi che potrebbero portare a una bocciatura (seppure solo consultiva) del bilancio (ma i conti vanno ancora fatti bene).
Il quadro che ne esce è quello di un centrosinistra che va bene dove riesce a sintonizzarsi con le forze civiche, ma che perde terreno. Soprattutto dove ha governato grazie alla divisioni del centrodestra (Gallarate e Tradate) il Pd (e alleati) non è riuscito ad allargare il consenso necessario a confermarsi.

I leghisti, dopo le guerre con Forza Italia del passato, hanno capito l’antifona e in privato, sono molto più prudenti e politici di quello che vogliano far credere. Il carroccio ha puntato, per quanto possibile, sull’unità del centrodestra (a Tradate con liste locali di ex Pdl) e sulla voglia di tranquillità e rassicurazione difensiva dell’elettorato lombardo, a partire dal tema principe dell’immigrazione. Il dibattuto sullo Ius soli, ad esempio, è stato interpretato dal Carroccio come un regalo del governo. E anche il varesino Alessandro Alfieri, segretario regionale del Pd, ha avuto il coraggio di ammettere che “sullo ius soli avrei scelto un momento diverso perché è una battaglia di civiltà che è stata purtroppo strumentalizzata”.

La Lega provinciale, oggi, punta alla ricostruzione del vecchio blocco conservatore degli anni Duemila. La bandiera del no salviniano all’immigrazione che ha sostituito quella del federalismo. Tuttavia la Lega ha fatto un passo indietro tattico di buon senso. Sembra che i leghisti più manovrieri abbiamo fatto a capire a Salvini che doveva compattare il fronte delle alleanze in Lombardia, e smetterla di attaccare Berlusconi. Sono tornate alcune parole del passato, come centralità dei municipi, la famiglia tradizionale, il commercio locale. Insomma il sindacato del territorio, una formula che andava molto di moda dieci anni fa.

Se il discorso poi si allarga alla Lombardia, la Lega in colazione vince a Lodi, Legnano, Mortara, Tradate, Magenta, Senago, Castiglione delle Stiviere, e sono tutti militanti di lungo corso. La Lega ha forse una crisi di dirigenti giovani, ma per vincere in comuni ostili come Sesto San Giovanni ha appoggiato un forzista che ha vinto con il no alla moschea. Insomma, è in partita.

Roberto Rotondo
roberto.rotondo@varesenews.it
Pubblicato il 26 Giugno 2017
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