“Il clima in azienda è peggiorato, c’è più cattiveria”

Secondo Antonio Mastroberti, responsabile dell'ufficio vertenze della Cisl dei Laghi, c'è stato un cambiamento negativo dei toni e del contesto generale in cui maturano i conflitti sul lavoro

cisl dei laghi

«Il clima in azienda è peggiorato, c’è più cattiveria». Antonio Mastroberti (Foto sopra), responsabile dell’ufficio vertenze della Cisl dei Laghi, ammette che il suo sguardo è di parte, ma occupandosi delle cause che coinvolgono i lavoratori ha notato un cambiamento negativo dei toni e del contesto generale in cui maturano i conflitti sul lavoro.

Mastroberti, può spiegare meglio che cosa intende quando parla di clima peggiorato?
«Capita spesso che quando il lavoratore si rivolge al nostro ufficio, non rivendica una questione contrattuale, un diritto negato o un premio non dato, bensì il dovuto rispetto verso la sua persona. È ormai evidente che in questi anni c’è stato un inasprimento, un cambiamento in peggio per i lavoratori che vengono trattati molto male dal punto di vista umano, con cattiverie spesso gratuite».

Questa situazione sembra in netto contrasto con quanto viene da qualche anno rappresentato dai media, cioè di una nuova alleanza tra dipendenti, anzi, collaboratori e datori di lavoro. È come se ci fossero due livelli: da una parte la narrazione che si fa e la realtà che i lavoratori vivono.
«Penso che questo dipenda dal fatto che i cambiamenti culturali necessitino di tempo. La narrazione di cui lei parla non è sbagliata, ma non fotografa l’intera realtà. Il capitalismo familiare italiano, la concezione del capo che comanda e i quadri intermedi che crescono in una cultura di comando, piuttosto che di collaborazione, sono aspetti molto radicati nelle aziende italiane. Recentemente un imprenditore comasco ha invitato i suoi quadri e dirigenti a essere più cattivi. E quando prevale questa visione il rispetto della persona passa in secondo piano. È un’impostazione culturale che in altri Paesi è stata superata da tempo».

Un esempio?
«La Germania. Quando ero studente universitario in estate andavo a Stoccarda a lavorare. Ricordo ancora che ogni lunedì i dirigenti dell’azienda scendevano in reparto e venivano a stringerti la mano, ti chiedevano come andava, se c’erano problemi, cioè si interessavano a te. In due mesi guadagnavo quasi quanto mio padre in un anno, lavorando in condizioni dignitose. Racconto tutto questo per dire che la cultura di appartenenza è importante. Ricordo, sempre in Germania, un ristoratore italiano di rango che ai suoi lavoratori diceva: “Vi diamo vitto, alloggio e anche 400 marchi”. Come dire: lo stipendio è un optional».

Le nuove generazioni in Italia come reagiscono a tutto questo?
«I giovani che entrano in azienda, se trattati male, se ne vanno. Il problema è che la loro reazione è quasi sempre individuale, mentre il sindacato ha nella sua azione collettiva e solidale un momento importante».

Quanto contribuisce all’inasprimento del clima l’appartenenza ad un settore specifico. Qualche mese fa il vostro ufficio studi ha reso pubblici dei dati secondo cui erano stati recuperati i posti di lavoro del periodo precrisi, ma si trattava di occupazione di scarsa qualità.
«Settori come la ristorazione, i servizi legati al turismo e l’edilizia sono i più a rischio sotto molti aspetti. C’è poi il problema della dimensione d’impresa che conta molto, per lo più in Italia si parla di micro e piccole aziende».

Secondo lei, la contrattazione di secondo livello potrebbe migliorare la situazione e accelerare questo processo culturale?
«Le aziende che hanno quel tipo di contrattazione vanno meglio perché le obbliga ad essere più efficienti e collaborative. Penso però che il vero problema sia la polverizzazione di alcuni settori che ricorrono alla contrattazione territoriale, meno efficace di quella aziendale».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 30 Giugno 2017
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