Mamma scopre sms tra il figlio e il pusher: 18 arresti

Spacciano anche ai minorenni nei boschi e hanno un'organizzazione incredibile: li aiutano autisti, buttafuori e anche assaggiatori di coca

droga saronno origgio

E’ stata la denuncia di una mamma ad aiutare i carabinieri nell’inchiesta che ha portato a 18 ordinanze di custodia cautelare nei confronti dei membri di un’articolata organizzazione dedicata al commercio di droga. Eroina, cocaina, hashish e marijuana. La donna aveva intuito che il figlio, minorenne, faceva uso da tempo di stupefacenti. Un giorno è riuscita ad avere accesso al telefono del ragazzo e ha notato un messaggino dove si alludeva esplicitamente all’acquisto di droga. Ha segnalato il numero ai carabinieri, e la soffiata è stata decisiva nell’aiutare i militari, coordinati dal pm Luigi Furno, nella ricostruzione delle rete.

(foto, i carabinieri che hanno condotto l’indagine, della compagnia di Gallarate: capitano Brunetti e tenente D’Elisa. In mezzo il comandante provinciale colonnello Claudio Cappello) 

L’aspetto più interessante di questa operazione è, forse, l’organizzazione logistica che sta dietro alla vendita della droga nei boschi. Il luogo preferito per le operazioni di vendita è il Parco dei Mughetti, una zona boschiva tra Uboldo, Gerenzano, Origgio e Ceriano Laghetto. Un luogo che dovrebbe essre di benessere e relax con la natura e che invece è infestata dalla malavita. Gli indagati sono 54 persone di varie nazionalità, ma i capi marocchini dell’organizzazione hanno alle loro dipendenze anche tossicodipendenti italiani che li accompagnano nelle zona proposte. In cambio ricevono soldi e droga per le loro esigenze personali. Nella banda c’è una sorta di vivandiere che, una volta trasportati i pusher, viene richiamato, al bisogno, per portare cibo e acqua agli spacciatori che non possono allontanarsi dal posto di lavoro (il bosco). Quando il capo vende la droga, intorno nella boscaglia si dispongono i complici. Gli assuntori vengono richiamati con dei messaggini, e si presentano uno a uno.

All’ingresso, c’è una sorta di buttafuori, come nelle discoteche, che decide chi può entrare e chi no. In mano, di solito, tiene un machete, che utilizza sia per farsi strada nella boscaglia, sia per minacciare chi non obbedisce (i carabinieri nelle perquisizioni ne hanno sequestrati quattro). Ogni spacciatore consegna la dose a un galoppino che, a sua volta, la porta all’acquirente, in uno dei quattro punti designati del parchetto. I punti sono chiamati in codice “Ponte”, “Ponticello”. “Curva” e “Stop”.

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“Zatla”, invece, è come gli spacciatori chiamano l’hashish. Molti soggetti sono senza fissa dimora e questo rende più facile sfruttarli. Diversi galoppini sono italiani: portano il cibo, fanno da autisti, addirittura si prestano anche al lavoro da assaggiatori, per capire se la sostanza è tagliata bene. Vengono pagati con dosi gratis, oppure con cifre giornaliere da 50, 100 o 200 euro. I telefoni vengono cambiati spesso, ma i numeri dei clienti rimangono sempre in memoria, tanto che a ogni cambio di sim, ecco che viene ricostituita una nuova e completissima rubrica, grazie a cui i clienti vengono ricontattati tutti, uno per uno.

Roberto Rotondo
roberto.rotondo@varesenews.it
Pubblicato il 26 Giugno 2017
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