Da Rivoli a Torino, l’arrivo nella grande città

Marco Giovannelli ha percorso la quinta tappa della Via Alta, terra di incontro dei pellegrinaggi lungo i Cammini di Santiago e della Via Francigena

Via Francigena, da Rivoli a Torino

Un nuovo tratto della via Francigena attende il nostro direttore Marco Giovannelli, partito il 12 agosto 2017, per coprire un particolare tratto italiano dello storico cammino che portava i pellegrini di tutta Europa a Roma. Il suo viaggio infatti questa volta lo porterà dal Monginevro fino a Vercelli.

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Ci vogliono tre ore in bus per arrivare al Monginevro e cinque giorni a piedi per tornare a Torino.
Mentre procedevo spedito lungo corso Francia, a Collegno, ho incontrato un signore.
“Guardi che le montagne sono dall’altra parte” mi dice con chiaro accento pugliese.
“Lo so, lo so. Arrivo da lì. Sono partito dal Monginevro”.
“Ha camminato tutta la notte?”
“No, no. Ci ho messo cinque giorni. Stamattina sono partito da Rivoli”.
“Allora ne ha fatta di strada!”
Poi mi ha guardato con curiosità e mi ha salutato con un gran sorriso mettendomi ancor più di buon umore.
Del resto stamattina ci aveva già pensato Roberto, l’ingegnere aerospaziale che da anni si dedica alla costruzione dei treni di alta velocità e che dal 2016 ha aperto il B&B Di ago in ago nel pieno centro di Rivoli, a coccolarmi con una ottima colazione e tante chiacchiere interessanti.

La cittadina piemontese è stata un’altra piacevole scoperta del cammino anche se nel giorno di ferragosto tutto cambia faccia a partire da tutti i ristoranti chiusi. Così mi sono dovuto accontentare di un toast per cena. Poco male anche perché devo dire che per le cene mi ero sempre trattato bene. È stato un vero piacere stare seduti oltre un’ora in piazza martiri della Libertà. La sera si popola di centinaia di persone con tante famiglie, bambini di ogni età e anche qualche adolescente inquieto che vede passare un’altra estate e vorrebbe già esser grande.

La mattina è tutta un’altra cosa. Rivoli è assopita e i negozi sono ancora tutti chiusi. C’è poco movimento e dopo aver percorso la via fratelli Piol massacrati durante la seconda guerra mondiale, inizio a camminare su Corso Francia. Con i suoi 11,7 km è il corso rettilineo più lungo d’Europa come recita un manifesto.
Poco meno di un’ora e si arriva al villaggio Leumann. Viene quasi a noia raccontare lo stupore per la scoperta di luoghi così.

L’imprenditore svizzero Napoleone Leumann tra il 1876 e il 1914 fece costruire un vero e proprio villaggio intorno alla tessitura che decise di aprire a Collegno. A quei tempi c’erano forti agevolazioni per chi investiva nel torinese. Leumann però non si fermò alla sola attività produttiva, volle dare una sistemazione e servizi gratuiti alle maestranze qui impiegate che provenivano sia dalla precedente tessitura di Voghera, nell’Oltrepò pavese, sia dai comuni limitrofi a Collegno. Nel periodo d’oro arrivarono a lavorare oltre 1700 persone.

“Il complesso costruttivo, – come si legge in uno dei tanti siti web dedicati – a pianta triangolare, è formato dal Cotonificio e da due comprensori laterali, per una superficie complessiva di 72.000 mq. Entrambi i comprensori sono attraversati da una via principale, che si stacca dallo stradale di Rivoli, penetra all’interno di ciascun area di costruzione e si conclude in una graziosa piazzetta. A far da cornice agli slarghi sono rispettivamente due edifici fulcro: il Convitto nel comprensorio est e la Chiesa di Sant’Elisabetta nel comprensorio ovest, edifici questi costruiti per essere punti di aggregazione a uso collettivo. Il progetto architettonico fu affidato in parte all’ing. Pietro Fenoglio“.

Il villaggio è ancora vivo. Quando negli anni Settanta cessò la produzione gli eredi di Leumann provarono a vendere per garantire una diversa sistemazione, ma l’operazione non andò in porto è così ancora oggi esistono gli spazi come vennero pensati all’inizio del secolo. C’è una associazione e il villaggio può esser visitato sempre perché è un ecomuseo a cielo aperto. Un po’ come Crespi D’Adda e la zona della città di Ivrea dedicata all’epoca di Olivetti.
Imprenditori illuminati che hanno fatto un pezzo di storia e la cui opera permette di avere memoria su ciò che fu la loro azione.
Tutto intorno invece è cresciuto in altezza, almeno 20 metri con cinque piani, e spesso anche in bruttezza da ogni punto di vista.

Ho dedicato poco più di un’ora alla visita al villaggio entrando anche nella bella biblioteca.
Da lì arrivare nel centro di Torino richiede ancora un paio di ore.
A quel punto prendo una decisione diversa dai giorni precedenti: mi butto in attività turistica. Un mix tra pellegrino con lo zaino e chi prende mezzi per andare a visitare luoghi noti.
Così prendo il trenino per salire a Superga. Peccato un po’ di foschia, ma da lassù la vista è incredibile. Si vede fino alla Sacra di San Michele. Altro che archi di trionfo o defense a Parigi. Una trentina di km almeno fanno risplendere la grandezza del nostro paese. Una grandezza fatta anche di tanta cialtronaggine, ma questa è più storia recente che antica.

Superga, guarda caso, deve sempre a intrecci tra religione e affari il proprio sviluppo. Nel 1706 i Savoia salgono sul colle a controllare gli spagnoli e i francesi e il duca Vittorio Amedeo entrato nella piccola cappella fece voto alla Madonna che se fosse riuscito a battere i nemici avrebbe costruito una basilica. La battaglia sanguinosa di Torino vide sconfitte le truppe spagnole e francesi e così nel 1717 si iniziarono i lavori.
Il colle venne abbassato di 40 metri per poter erigere la struttura.
La basilica venne inaugurata quattordici anni dopo.
Imponente la sala dei papi dove dall’ottocento si iniziarono ad esporre le immagini dei pontefici. Oggi ce ne sono 266 effigiati.
Quattro spazi di visita possibile: la basilica, la cupola, le tombe e gli ambienti. Non riesco a far tutto e così ho una buona scusa per tornare.

Superga però non è solo culto, scenari e storia. Evoca uno degli episodi più tragici della nostra vita recente. Il 4 maggio 1949 di ritorno da Lisbona l’aereo che riportava a casa il Grande Torino si schiantò sul muro di contenimento della basilica. Nell’impatto e l’incendio che segui morirono 31 persone, di cui 18 giocatori. Finiva così una delle prime epopee calcistiche con una squadra che vinse sei campionati di fila e che ancora oggi vanta Il record con 10 giocatori su 11 in nazionale in una partita contro l’Ungheria rimasta alla storia.
Superga è così un luogo di culto per tante diverse ragioni: religiose, storiche e anche calcistiche.
Torino parla anche egizio è così il resto del mio tempo va alla visita, troppo velocemente di uno dei più grandi musei dedicati a quel popolo.

Le grandi città spezzano il clima del cammino. Del resto lo vedo anche nella Doria Riparia che scorre a pochi metri da dove dormirò stanotte. Il fiume nato a Cesana dalla confluenza di due torrenti, porta le sue acque al Po proprio nella zona dove ho trovato una sistemazione per la notte. Non credo sia un caso, ma l’ho scoperto solo oggi curioso di sapere che fine avesse fatto il fiume che mi ha accompagnato in tutti i giorni del cammino.

Trovate una registrazione anche su Radio Francigena
http://radiofrancigena.com/podcast/marco-giovannelli-dal-monginevro-vercelli/

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Pubblicato il 17 Agosto 2017
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