Da Vaie a Rivoli, alla scoperta della Sacra di San Michele

Marco Giovannelli ha percorso la quarta tappa della Via Alta, terra di incontro dei pellegrinaggi lungo i Cammini di Santiago e della Via Francigena

Via Francigena, da Vaie a Rivoli

Un nuovo tratto della via Francigena attende il nostro direttore Marco Giovannelli, partito il 12 agosto 2017, per coprire un particolare tratto italiano dello storico cammino che portava i pellegrini di tutta Europa a Roma. Il suo viaggio infatti questa volta lo porterà dal Monginevro fino a Vercelli.

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Spunta da lontano svettando dai suoi mille metri di altezza a picco sulla valle e per un gran pezzo di cammino ti accompagna.
La Sacra di San Michele è un monumento simbolo del Piemonte.
È imponente e la si vede da decine e decine di km e al pellegrino incute un certo timore. Per chi ha percorso la via Francigena fa tornare in mente Radicofani, ma lì la dimensione era tutta laica con Ghino di Tacco a fare il Robin Hood de noiantri. Qui invece c’erano i benedettini a chiedere la gabella a quelli che passavano nella valle e a quei tempi c’è da credere che i nobili non potessero sottrarsi.

Al di là degli aspetti “finanziari”, i benedettini lasciarono l’abbazia nel 1622 dopo oltre seicento anni di attività in cima al Monte Pirchiarano. Come ogni luogo magico non poteva mancare una storia evocativa mistica. Un affresco all’interno della chiesa racconta che San Giovanni Vincenzo iniziò a preparare i materiali per costruire una piccola chiesa sul monte Caprasio. Di notte angeli e colombe spostarono i legni e al mattino l’arcangelo Michele accompagno il prelato mostrandogli dove erano finiti i suoi legni e dove era bene costruire il santuario dedicato a San Michele.
Così tra il 983 e il 987 fu costruita la prima chiesa che rispondeva a diversi bisogni e divenne un passaggio importante per i pellegrini.
Con l’uscita da parte dei benedettini l’abbazia entrò in uno stato di abbandono per quasi due secoli fino a quando Carlo Alberto dei Savoia affidò la Sacra all’Istituto della carità di Antonio Rosmini. L’ordine la gestisce ancora oggi e tre religiosi vivono nei locali del nuovo monastero.
La Sacra di San Michele è uno degli edifici romanici più imponenti in Europa. Ha subito tanti interventi architettonici che hanno arricchito di stili la struttura.

Fa parte dell’itinerario di Gerusalemme che partendo dalla contea di Kerry in Irlanda idealmente arriva nella città santa incontrando varie strutture dedicate a San Michele. Dalla più famosa Mont Saint Michel in Normandia fino a Monte Sant’Angelo in Puglia passando poi dalla Grecia.
Nella Sacra si mette al centro il bisogno del silenzio. Ripreso anche nella preghiera di Papa Giovanni Paolo II in visita il 14 luglio 1991. In realtà di silenzio se ne trova un gran poco perché arrivano tanti turisti e a volte anche ignari del luogo mistico che arrivano a visitare.
Resta un grande stimolo a ripensare al silenzio. Una dimensione a cui è ben abituato il pellegrino che spesso percorre in modo solitario il proprio cammino. Una condizione che mi trovo a vivere intensamente in questi giorni. A differenza delle altre tre esperienze questa volta sono davvero da solo.

La notte l’ho trascorsa nel B&B San Pancrazio a Vaie. Un luogo attento ai pellegrini a cui si fanno condizioni a un prezzo particolare. Questo tratto della variante Francigena fino a Vercelli ha poche accoglienze povere. Occorre farci i conti sia per preparare le tappe sia per avere un’idea di dove fermarsi a dormire.
Una volta sceso dalla Sacra è d’obbligo una visita ad Avigliana. Deliziosa città con tanti spunti storici e due piccoli laghi.
Uno di quei posti di cui sentì parlare poco e che meriterebbe invece grande attenzione. A partire da chi ci vive e dagli amministratori che forse non si rendono del tutto conto del patrimonio immenso che hanno. La piazza Conte Rosso, nel cuore del borgo antico, è un parcheggio e la vista delle auto non valorizza certo gli elementi medievali e il castello. Nella torre dell’orologio ancora intatta nel 1330 venne installato il primo orologio pubblico del Piemonte. Una vera rarità per l’epoca in cui ancora pochi conoscevano la misurazione del tempo.

La vera sorpresa della giornata è arrivata dopo un’ora di cammino da Avigliana quando si incontra la Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso. Ho avuto fortuna perché la struttura era aperta ho potuto partecipare a una visita guidata che mi ha occupato per un’ora. Un tempo ben speso per scoprire un piccolo capolavoro.
I Savoia lasciarono agli Antoniani che nacquero come ospedalieri. Erano esperti di argotismo e del fuoco di Sant’Antonio. Nacque a Vienna il primo punto di ricovero e subito dopo fu aperto un ospedale qui a Buttigliera. Ha il massimo splendore nel Seicento, ma da allora ci fu un declino e nel 1777 il papa chiude l’ordine degli antoniani. Il complesso resta i Savoia che lo concedono ai mauriziani che proseguirono l’attività ospedaliera. Varie vicissitudini hanno poi portato alla chiusura dell’ordine religioso e oggi è una fondazione a gestire i luoghi d’arte. Di fronte a un complesso della bellezza di Sant’Antonio da Ranverso si hanno sensazioni diverse. Stupore per la meraviglia, ma anche una profonda tristezza per come trattiamo i beni artistici.

All’interno della chiesa oltre al polittico di Defentente Ferrari, ci sono cicli artisti di Giacomo Jaquiero di importanza mondiale.
Un luogo che avrebbe bisogno di una gestione diversa che valorizzi davvero una ricchezza inestimabile.
Da Sant’Antonio a Rivoli resta poca strada da fare. Si cammina tra un fazzoletto di campagna e le villette venute su come i funghi negli ultimi 20-30 anni.
Rivoli si presenta subito con il suo asso: un imponente castello oggi sede di un museo d’arte moderna. Il resto spero di scoprirlo in serata.

Trovate una registrazione anche su Radio Francigena
http://radiofrancigena.com/podcast/marco-giovannelli-dal-monginevro-vercelli/

 

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Pubblicato il 16 Agosto 2017
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