Il terrore all’improvviso in una splendida giornata a Barcellona
Il racconto di Elena, studentessa di Somma Lombardo a Barcellona, a poche decine di metri dall'attacco terroristico che ha ucciso 14 persone sulla Rambla
Elena è una ragazza di Somma Lombardo che studia a Barcellona. Nel giorno dell’attentato ha iniziato la sua giornata come tutte le altre tra studio, un po’ di spiaggia e un pranzo alla Bouqueria. Da un certo punto in poi tutto è cambiato e il terrore è entrato nella sua vita. Di seguito il suo racconto del 17 agosto, giorno dell’attentato eseguito da un gruppo di terroristi legati all’Isis nel quale sono morte 14 persone e oltre 100 sono rimaste ferite. Tra loro anche tre italiani.
Giovedì 17 agosto 2017. Sembra un giorno come tanti a Barcellona e, proprio come un giorno come altri, mi alzo, faccio colazione in residenza e inizio a studiare. Quando sono stanca decido di andare a fare una siesta in spiaggia. Ci sono due amiche alla Barceloneta, potrei raggiungerle. O forse no, vado da sola al Poblenou, che voglio riposarmi in tranquillità. Sìsì, ho proprio bisogno di rilassarmi un po’ e poi, magari, per pranzo vado a comprarmi quel menù della Boquería che mi piace tanto che con 5€ mi dà un’insalata, un succo e della frutta. O magari un gelato? Vedremo…
Sono le 16.15, sono in spiaggia e inizio ad avere fame. Prendo la metro e ancora non ho deciso con cosa preferisco pranzare. Ma sì, facciamo un gelato, alla Boquería ho mangiato ieri e ci posso tornare domani. Scendo a Urquinaona e vado al Planelles Donat a comprarmi un gelato. Grande, ho tanta fame e voglia di gustarmi un bel gelato. Con il mio cono noci e torrone rimango in Portal del Àngel. A quanto pare è una giornata di indecisioni: vado a casa e provo a studiare ancora un po’ o vado sulla Rambla e inizio a comprare i pensierini da portare a casa? Ci penso un attimo e decido di tornare in residenza; per i regali ci sarà la prossima settimana.
Quindi vado verso Plaza Cataluña: è l’inizio della giornata più lunga della mia vita. Inizio a vedere gente che corre verso dove sono io e grida “¡Corred! ¡Corred!”. Che succede? Non capisco! Subito penso a un attentato con camion, che a quanto pare va di moda tra i terroristi, e inizio a correre come gli altri, gridando “¡Corred! ¡Nos dicen que corramos!”. Poi tutto sembra più tranquillo, ma vedo gente che viene dal Carrer de Santa Anna spaventata, che piange. Io e tanti altri in Portal del Àngel chiediamo “¿Qué pasa?”, ma nessuno ce lo sa dire. Sono momenti di confusione. Voglio andare a casa. Quindi decido di tornare verso la piazza, ma di nuovo la gente inizia a correre verso di me. “¡Corred! ¡Corred!”. Ora capisco che sta succedendo qualcosa di grave. Le persone che corrono sono sempre di più e, siccome sento rumori, nella mia mente mi immagino che ci sia qualche pazzo che sta venendo verso di noi sparando. Sono nel panico. Inizio a correre ed entro in un condominio che ha il portone aperto. Mi nascondo dietro una scrivania, poi vedo due ragazzi andare di sopra correndo. Salgo con loro. Se c’è un pazzo in strada che sta sparando sarà sicuramente più sicuro andare ai piani alti. Mi fermo sulle scale e mi siedo in un punto da cui posso vedere la strada. Poi escono due inquilini dai loro appartamenti. Nemmeno loro capiscono cosa stia succedendo, ci dicono di rimanere pure lì e che scendono a vedere se scoprono qualcosa, ma nulla. C’è solo confusione, gente spaventata, che piange, che chiama al telefono… Quando tutto sembra più tranquillo torno in strada e decido di correre verso casa.
Cammino il più veloce che posso e riesco a superare la Plaza Cataluña ed entrare nel Paseo de Grácia. Ma ricomincia tutto: la gente urla e corre. Entro nella prima porta e mi ritrovo nel negozio & Other Stories. “¿Qué pasa? No sé que está pasando”. La commessa dice che sembra che ci sia stato un attentato. Mentre si abbassano le saracinesche del negozio tutti gridano. Mi colpisce una bambina, probabilmente tedesca, che piange disperata e una madre che cerca di nascondersi con il passeggino e la sua bimba in un ascensore.
Ora che sono certa che stia succedendo qualcosa di grave scrivo a mia sorella, le chiedo di scoprire cosa stia accadendo a Barcellona e di non dire niente a papà, che se i tg iniziano a diffondere notizie deve dire che sono in residenza e sto bene. Mi conferma quello che avevo immaginato: un furgone ha travolto la folla sulla Rambla, ci sono morti e feriti. È un attentato.
Il tempo nel negozio trascorre lentissimo. Lo passo rispondendo ai messaggi che mi arrivano dall’Italia e confermo che sto bene, che sono solo tanto spaventata e voglio arrivare in residenza.
Verso le 18.30 arriva la Polizia e ci dicono di uscire, che stanno sgomberando strade e negozi. Cammino più veloce che posso per tutto il Paseo e in pochi (ma eterni) minuti arrivo in residenza. Mi sento finalmente salva e posso stare tranquilla. Passo la serata e la notte davanti alla televisione con le compagne e le responsabili della residenza, ascoltando le notizie, chiamando e scrivendo a famiglia e amici.
Ho voluto raccontare quanto mi è successo per il bisogno che sento di sfogarmi e tirare fuori quello che ho provato dal momento in cui è successo tutto ciò. Sono giorni di tristezza, di rabbia, di confusione e di riflessioni per tutti. In tanti avremo pensato “Mi è andata bene”; per tante coincidenze né io, né persone che conosco e chissà quanti altri, non ci siamo trovati sulla Rambla nel momento del disastro. Purtroppo, però, non è andata così per tutti. Un pensiero va in modo speciale a loro, alle loro famiglie e ai loro cari.
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