Meno di una startup su due ce la fa

Innovazione, esperienza e formazione le tre indicazioni emerse dal primo incontro di Economia sotto l’Ombrellone

Economia generiche

Perseguire i propri obiettivi con determinazione e passione senza farsi abbattere dalle difficoltà, ma evitando di innamorarsi di un’idea o di un prodotto, cercando, se possibile, di accumulare un bel po’ di esperienza prima di gettarsi in un’avventura imprenditoriale. Porre, inoltre, molta attenzione alle reali esigenze del mercato e agli aspetti commerciali legati a ciò che si intende produrre.

Sono questi, in estrema sintesi, i passi suggeriti a chi voglia creare una nuova azienda, suggeriti dagli esperti intervenuti mercoledì 2 agosto a Lignano Pineta (Lignano Sabbiadoro – UD) al primo incontro della settima edizione di Economia sotto l’Ombrellone, la rassegna promossa da EoIpso comunicazione ed eventi sul tema “Come creare a una start up di successo”che ha visto come relatori Davide Petraz managing partner GLP, Claudio Borrello fondatore e amministratore delegato di Ermetris e Dino Lazzarini fondatore di LaborCro, moderati dal giornalista Carlo Tomaso Parmegiani.

«Manca spesso la capacità di analizzare le idee alla base della start up in modo analitico e freddo, facendo attenzione all’effettiva profittabilità dell’idea, partendo con business plan che guardi almeno ai cinque anni successivi alla creazione dell’impresa», ha detto Petraz dello studio GLP, fra le prime aziende italiane nella tutela della proprietà intellettuale che da oltre 50 anni aiuta clienti di tutto il mondo a difendere le proprie invenzioni e i propri prodotti e le giovani aziende ad affermarsi sui mercati. «Inoltre, molti nostri giovani imprenditori, in un mondo sempre più interconnesso, partono svantaggiati dalla scarsa conoscenza delle lingue e dalla mancata abitudine ad andare a formarsi per tempi sufficientemente lunghi fuori dai confini nazionali».

Pur affrontando il tema da punti di vista diversi, un dato però ha colpito: le startup in Italia godono di sostegni e finanziamenti di notevole livello e spesso superiori alla media europea, ma che, ciononostante, la loro mortalità si rivela eccessiva (ben oltre il 50% nei primi cinque anni) e superiore a quella riscontrata in altri Paesi. Una situazione che è la conseguenza di una serie di fattori specifici del nostro Paese ai quali bisognerebbe cercare di porre rimedio.

«I finanziamenti non mancano di certo, ad esempio a favore della brevettazione, abbiamo quelli più alti d’Europa anche se brevettiamo molto meno della gran parte degli altri Paesi, ma spesso sono dati con logiche sbagliate», ha osservato Borrello, fondatore di Ermetris, azienda goriziana attiva nel settore di “passenger information system” e delle forniture in generale per il sistema ferroviario. Partita con 10mila euro di capitale, Ermetris dopo cinque anni sta uscendo con successo dalla fase di startup con un fatturato superiore ai 2 milioni di euro e una continua crescita dei dipendenti. «Basti dire che delle 10 aziende che avevano ricevuto i finanziamenti che hanno permesso anche ad Ermetris di nascere, solo due sono sopravvissute e sono quelle che avevano ottenuto il punteggio più basso. Ciò accade perché spesso chi finanzia si lascia attrarre da idee estremamente innovative e fantasiose, senza considerarne adeguatamente la sostenibilità economica e l’effettiva valenza commerciale. Bisogna comprendere che una start up non deve per forza avere idee avveniristiche e operare in settori iper-moderni, ma può operare in qualsiasi settore purché abbia un progetto sensato e realizzi prodotti effettivamente richiesti dal mercato».

La burocrazia rappresenta un ostacolo importante. «Nel nostro Paese, inoltre, mancano ancora una cultura e un contesto favorevole alla nascita delle imprese e sono ancora troppi i lacci e i lacciuoli che a tutti i livelli ostacolano l’attività imprenditoriale», ha detto Lazzarini, fondatore di LaborCro, innovativa startup nel campo della consulenza legale e finanziaria alle aziende che dopo una “gestazione” durata un quinquennio è partita da circa un anno e sta conquistando la fiducia di sempre più imprese, soprattutto giovani e che, quindi, si può definire una start up che aiuta le startup a “diventare grandi”. «Bisogna rendersi conto che per creare una start up non basta avere un’idea divertente e innovativa, ma bisogna analizzare a fondo il mercato potenziale e accertarsi che ciò che si intende proporre soddisfi effettivamente un’esigenza del mercato o sia, almeno, in grado di stimolare una richiesta. Noi, ad esempio, siamo partiti subito bene perché la nostra start up risponde effettivamente all’esigenza avvertita da molte imprese di avere una consulenza preventiva nell’ambito della contrattualistica, dei temi legali e della gestione dei crediti per prevenire i problemi e le cause legali».

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Pubblicato il 03 Agosto 2017
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