“Mi hanno arrestato in India per un telefono satellitare”

Un 49enne di Comerio ha partecipato a un viaggio in motocicletta sotto l'Himalaya, ma è stato bloccato in aeroporto e processato

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Domenica scorsa, al controllo doganale presso l’aeroporto di Nuova Delhi, un poliziotto lo ha guardato in faccia e gli ha detto. “Lei ha commesso un crimine molto grave, non so se potrà tornare in Italia”.

Tutta colpa di un telefono satellitare, che era vietato nella regione in cui si era recato in precedenza.
(Foto sopra da google, un viaggio in moto nel Ladhak)

Il reato è stato classificato come: violazione della legge sulle comunicazioni. Ma è anche per il grave pericolo che ha corso, rischiando la detenzione in India, che G.F. (49 anni di Comerio) ha accettato di raccontare la sua storia. Che poi è la storia di una vacanza un po’ avventurosa, e di un gesto di prudenza che poteva costargli caro.

G.F. era partito a fine luglio per un giro motociclistico in India, nella regione del Ladhak, in compagnia di un’associazione francese specializzata in vacanze sulle due ruote. L’uomo aveva acquistato un telefono satellitare perché voleva rimanere in contatto con la famiglia e in particolare avere notizie del figlio che pochi giorni prima aveva avuto un piccolo incidente domestico.

L’ho comprato di seconda mano per le emergenze – racconta – dopo aver appreso che i cellulari non funzionavano in quella regione perché le linee sono controllate dall’esercito. Tuttavia non l’ho mai usato, perché sono riuscito a comunicare tramite whatsapp”.

Il Ladhak viene presentato dai tour operator come un percorso affascinante, tra l’Himalaya e il Karakorum, una vacanza in cui si guida in moto, sotto le cime più alte del mondo. Tuttavia si tratta di una regione considerata a rischio: “Temono il terrorismo, in particolare islamico – osserva G.F. – e anche la presenza di un telefono satellitare viene considerata come sospetta”.

SEI ORE DI PAURA

“Una volta finita la nostra gita in moto, domenica sera, sono arrivato al controllo bagagli dell’aeroporto di Nuova Delhi e ho messo tutti gli oggetti sul nastro. Il telefono satellitare è stato preso dagli agenti. Hanno chiuso il varco e mi hanno portato in una stanza attigua, dove mi hanno interrogato per almeno sei ore. Sono venuti diversi agenti, uno dopo l’altro, e addirittura due uomini dei servizi segreti”.

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(Foto da google, l’aeroporto Indira Gandhi di New Delhi)

 

Ora dopo ora, la preoccupazione è salita: “Mi è stato spiegato che avevo commesso un crimine molto grave e che il mio ritorno in Italia sarebbe stato molto difficile. Mi sono sentito crollare il mondo addosso. Ma per fortuna mi è stato consentito di avvisare l’ambasciata italiana. Un viceconsole è venuto subito in aeroporto ed è rimasto sempre in contatto con l’ambasciatore italiano, dimostrando grande professionalità”.

Ma l’avventura non è finita qui. G.F. è stato probabilmente sottoposto a un fermo di polizia. Tuttavia l’ambasciata ha ottenuto che venisse alloggiato, in attesa del processo, in una guesthouse di Nuova Delhi. Lunedì mattina è stato portato in tribunale. Gli hanno assegnato un avvocato e vi è stata l’udienza penale. “Alla fine dell’udienza il giudice mi ha lasciato la scelta – racconta il 49enne – o accettare una pena da tre a sei mesi di carcere e poi tornare in Italia con il telefono, oppure pagare una cauzione, andare a casa, e rinunciare al telefono che sarebbe rimasto sotto sequestro. Ho scelto ovviamente la seconda. La cauzione è stata di mille rupie, cioè trentuno euro, mentre l’avvocato è costato settemila e cinquecento dollari”. Morale, G.F. è tornato a casa, ma conoscere la sua vicenda sarà utile a tutti.

Roberto Rotondo
roberto.rotondo@varesenews.it
Pubblicato il 10 Agosto 2017
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