Fatture false, perquisizioni e arresti della Finanza di Como

L’operazione vede impegnati circa 100 Finanzieri in diverse regioni per l’esecuzione di 17 ordinanze di custodia cautelare

guardia di finanza busto arsizio

Dalle prime ore di questa mattina, lunedì 18 settembre, è in corso una vasta operazione di polizia giudiziaria nei confronti di un’articolata organizzazione criminale dedita alla commissione di numerosi reati fiscali tramite l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, nell’ambito della commercializzazione di prodotti informatici di origine comunitaria.

L’operazione, diretta dalla Procura della Repubblica di Como, vede impegnati circa 100 finanzieri in diverse regioni per l’esecuzione di 17 ordinanze di custodia cautelare (di cui 8 in carcere), di sequestri, finalizzati alla confisca anche per equivalente, per 85 milioni di Euro e di 25 perquisizioni locali.

Il valore complessivo della frode ammonta a 300 milioni di Euro di imponibile, 60
milioni di Iva evasa e 25 milioni di imposte sui redditi sottratte al fisco.

Ulteriori dettagli saranno diramati nel corso della conferenza stampa, presieduta dal Procuratore della Repubblica di Como, Dott. Nicola Piacente.

L’OPERAZIONE – Nello specifico oggi il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Como ha dato esecuzione ad una ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Como, su richiesta della Procura della Repubblica nei confronti di diciassette persone sottoposte ad indagini (otto destinatarie della custodia cautelare in carcere e nove della misura cautelare degli arresti domiciliari).

LA GENESI DELL’INCHIESTA – Le misure cautelari sono state emesse nell’ambito di una complessa indagine durata circa due anni, efficacemente condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Como, sulla base di preziosi elementi raccolti dalla Agenzia delle Dogane di Como nel corso di controlli transfrontalieri (la presente indagine è iniziata in occasione di un sequestro di lampadine e pen drive effettuato presso la Dogana di Ponte Chiasso nel novembre 2015). L’indagine ha riguardato un sodalizio criminoso (di natura transnazionale, operativo non solo in Italia, ma anche in altri Paesi quali Svizzera, Spagna, Austria, Slovacchia, Malta) finalizzato alla perpetrazione di più reati fiscali, tra cui quelli di emissione di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta, omessa dichiarazione, dichiarazione infedele al fine di evadere le imposte ed altri reati tributari, nell’ambito della commercializzazione di materiale elettrico e prodotti per l’ elettronica.

LE TRE FRODI – Il sistema di frode è stato realizzato mediante la costituzione, in diverse zone del Paese di società “cartiere”, cioè realizzate col solo scopo di emettere fatture inesistenti e prive di ogni struttura logistica situate nel Napoletano, a Roma e in provincia di Salerno.
Si tratta di società utilizzate per perseguire tre tipologie distinte di frode fiscale (riconducibili in parte alle cosiddette “frodi carosello”).

IL SISTEMA APERTO – La prima tipologia di frode (di tipo “aperto”) è stata realizzata attraverso la vendita di ingenti quantità di merci (materiale elettronico, informatico, cartoleria, casalinghi, pneumatici, materiale sanitario, ecc.) da parte di varie società con sede nell’Unione Europea, nei confronti delle predette cartiere.
Questa transazione era effettuata in regime di imponibilità, ma con successiva neutralizzazione dell’imposta (ai sensi del Decreto Legge nr. 331/93 convertito in Legge nr. 427/93).
La successiva vendita cartolare delle merci, con applicazione di imposta, avveniva mediante l’emissione di fatture soggettivamente inesistenti, a società “filtro” che, a loro volta trasferivano la merce ad altre società filtro, ovvero ai reali destinatari finali.
Lo scambio di merci avveniva con prezzi estremamente vantaggiosi, ottenuti trasformando parte del costo originario delle stesse in imposta sul valore aggiunto.
A loro volta, le società “cartiere”, su cui gravava l’intero debito d’imposta, deliberatamente non assolvevano agli obblighi tributari e il destinatario finale, reale acquirente della merce, per effetto del minor prezzo pagato rispetto a quello normale di mercato, era in grado di vendere il bene a un prezzo notevolmente più basso rispetto alla concorrenza.

IL SISTEMA CHIUSO – La seconda tipologia di frode (di tipo “chiuso”) è stata realizzata tramite l’acquisto da parte delle società cartiere di ingenti quantitativi di materiale elettrico e/o elettronico (fuori mercato, obsoleto o costituente fondi di magazzino) presso aziende con sede in Paesi Membri dell’Unione Europea in regime di imponibilità, ma con successiva neutralizzazione dell’imposta – sempre ai sensi di legge – , anche se tale materiale non aveva alcun valore commerciale ovvero un valore nettamente inferiore a quello esposto nelle fatture.
La rivendita di tale materiale obsoleto mediante l’emissione di fatture soggettivamente ed oggettivamente inesistenti a prezzi più bassi di quelli d’acquisto, in quanto ottenuti trasformando parte del costo originario delle merci in IVA, a cc.dd. società “filtro”; la cessione di ingenti partite della suddetta merce ad altre società filtro o direttamente alle società rivenditrici finali (dette “broker”), operanti nel mercato della “Grande Distribuzione Organizzata” e, quindi, consapevoli del fittizio valore attribuito a prodotti commercializzati.
La vendita del medesimo materiale, senza applicazione dell’IVA, a società
estere con sede sia nell’Unione Europea (Austria, Spagna, Malta, Slovacchia, le cui cessioni avvenivano in non applicazione di imposta), sia nella Confederazione Elvetica, a prezzi altamente concorrenziali e con l’applicazione di un ricarico, a favore della stessa broker, compreso tra il 4% ed il 7%.
Grazie a queste società estere, organiche al sodalizio criminale, il materiale veniva reintrodotto in Italia.
La frode all’Erario è stata determinata:
– dal preventivato omesso versamento periodico dell’IVA fatturata sulle vendite effettuate dalle “cartiere”;
– dalla creazione, in capo alle società rivenditrici “broker”, di ingenti crediti IVA.
Le società filtro utilizzate hanno sede in varie parti d’Italia (Verona, Castel d’Azzano Nola, Roma, Pozzuoli, Napoli, Cervia).

LA TERZA TRUFFA – La terza tipologia di truffa è stata posta in essere mediante l’emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, al fine di consentire alle società destinatarie di abbattere la base imponibile e di conseguire un sostanziale, quanto illegittimo, risparmio fiscale sia ai fini delle imposte sul reddito che sul valore aggiunto.
Gli indagati sono risultati amministratori anche di fatto di varie delle società coinvolte nella frode tributaria.
La Procura della Repubblica ha contestato, oltre al reato associativo, anche i reati di emissione ed utilizzo di fatture a fronte di operazioni soggettivamente o oggettivamente inesistenti (artt. 8 e 2 del dlvo 74/2000), omessa dichiarazione ai fini delle imposte dirette e dell’IVA, false dichiarazioni doganali
Molti dei reati sono stati solo accertati a Como, ma commessi in diverse parti del territorio nazionale. La competenza della Autorità Giudiziaria di Como è stata individuata (in base alla tesi della Procura della Repubblica condivisa dal Giudice per le indagini preliminari) tenendo presente che il reato più grave per cui si procede è quello associativo, anche in considerazione della natura transnazionale dello stesso e che tale reato è stato accertato ed in parte commesso nel circondario di Como (attraverso il passaggio delle merci dalla frontiera). Analogamente, a Como sono stati accertati i reati di emissione di fatture oggettivamente o soggettivamente false, da parte di società inesistenti, di pari gravità e strumentali rispetto alla successiva perpetrazione del delitto di illecito utilizzo di tali fatture.

L’ENTITA’ ECONOMICA – Il valore complessivo delle fatture per operazioni soggettivamente/oggettivamente inesistenti emesse dalle società cartiere e/o filtro ammonta ad 300.000.000 di euro circa di imponibile. L’Iva evasa ammonta ad oltre 60.000.000 e l’imposta sui redditi evasa a circa 25.000.000.
E’ stato altresì disposto dal Giudice per le indagini preliminari il sequestro, finalizzato alla confisca anche per equivalente, per circa 85.000.000, pari all’ammontare del profitto della frode tributaria.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 18 Settembre 2017
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